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Erdogan passa all’incasso, nel mirino la Banca centrale

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Istanbul – Presa la Turchia, tocca all’Europa. Recep Tayyip Erdogan non ha aspettato che si smorzasser­o gli applausi per la rielezione a presidente (52,6% al primo turno) per rilanciare la sfida ai suoi bersagli preferiti, Europa e istituzion­i internazio­nali in testa (quelli interni, che considera nemici, non li sfida, li mette in galera). La priorità annunciata dal presidente è comunque l’economia. La sbornia elettorale, celebrata a caldo dall’entourage economico del presidente, sembra aver già lasciato spazio a un nuovo confronto con gli investitor­i, che attendono incerti le prossime mosse: se Erdogan dovesse mantenere la promessa di mettere sotto controllo la Banca centrale, potrebbero esserci presto altri strappi. Con i nuovi illimitati poteri esecutivi, Erdogan potrà anche forzare ulteriorme­nte la politica estera, cercando magari una nuova svolta in Siria per accelerare il ritorno dei profughi: finora sono ripartiti in 200mila, ma in Turchia ne restano tre milioni e mezzo. Non a caso, tra i primi a congratula­rsi ci sono stati Vladimir Putin e Hassan Rohani, oltre all’altro campione di democrazia autoritari­a in Europa, l’ungherese Viktor Orban. Prudentiss­ima la prima reazione di Bruxelles: “La Commission­e europea si augura che sotto la presidenza di Erdogan la Turchia rimanga impegnata con l’Unione europea sui principali temi comuni come le migrazioni, la sicurezza e la stabilità regionale e la lotta contro il terrorismo”. Se le polemiche sui brogli sembrano già placate (il principale avversario di Erdogan, Muharrem Ince, ha riconosciu­to la sua vittoria) restano forti quelle per una campagna elettorale condotta in stato d’emergenza e con il ricorso a pesantissi­me intimidazi­oni ai pochi media di opposizion­e rimasti. “Le restrizion­i delle libertà fondamenta­li a cui abbiamo assistito hanno avuto un impatto su queste elezioni”, ha commentato Ignacio Sanchez Amor, che guidava la missione di osservazio­ne elettorale dell’Osce. I turchi, ha aggiunto l’ambasciatr­ice Audrey Glover, a capo della delegazion­e, “non hanno avuto la possibilit­à di compiere una scelta consapevol­e”, a causa della copertura mediatica sbilanciat­a a favore di Erdogan. Non tutta l’opposizion­e si rassegna, del resto, o tace. “La Turchia ha tagliato i suoi legami con la democrazia. Sta andando verso il regime di un uomo solo”, ha detto Ince, dopo aver riconosciu­to la vittoria di Erdogan. Mentre dalla prigione in cui si trova da un anno e mezzo, il candidato curdo Selahattin Demirtas ha rilevato che “mentre gli altri candidati hanno potuto fare 100 comizi, io ho potuto inviare 100 tweet”.

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