Tra memoria e promozione
Al Museo delle culture di Lugano si discute di fondazioni e di nuove esigenze museali Non solo l’autonomia dalla politica: la Fondazione culture e musei, che gestirà il Museo delle culture di Lugano, ha un progetto più ambizioso, come ha spiegato il diret
Una rivoluzione culturale, oltre che gestionale. La creazione della Fondazione culture e musei, che dal prossimo primo gennaio gestirà il Museo delle culture, non è solo uno dei capitoli del grande romanzo delle esternalizzazioni che da alcuni anni caratterizzano la Città di Lugano, il cui Dicastero attività culturali negli anni si è trasformato «in un ufficio che si relaziona con più fondazioni», per dirla con le parole del suo direttore Lorenzo Sganzini che venerdì pomeriggio ha moderato un seminario organizzato dal Museo delle culture e dedicato, appunto, alle fondazioni culturali. Un passaggio irrinunciabile, ha proseguito Sganzini in apertura dei lavori, e non solo una moda luganese, come hanno mostrato i molti esempi – non tutti positivi – portati da Luigi Di Corato, direttore della Fondazione Brescia musei; e del resto altri Comuni, in Ticino, stanno valutando questa soluzione. Già perché l’incontro – molto frequentato nonostante il rischio di sovrapposizione con Svizzera-Serbia – ha avuto una sorta di doppia natura: da una parte occasione per riflettere in generale su rischi e opportunità di affidare a una fondazione una missione culturale finora di esclusiva responsabilità pubblica – ed è interessante notare che tra il pubblico vi erano alcuni volti noti di istituzioni culturali ticinesi –; dall’altra presentare quella che sarà la visione strategica della nuova Fondazione culture e musei. Perché certo dietro la volontà di smarcare il Museo delle culture dal Comune c’è certamente la necessità di mettersi al riparo da tutt’altro che improbabili chiari di luna politici, un rischio che zavorra la progettualità a medio termine. Ma c’è dell’altro, come ha spiegato il direttore del museo Francesco Paolo Campione.
Il museo dei paradossi
La questione, di per sé, è semplice: il mondo è cambiato e i musei sono adesso chiamati a fare cose che, quando
duecento anni fa si è consolidata l’istituzione museale moderna, erano impensabili. Anche senza tirare in ballo bookshop e merchandising, le esposizioni temporanee che oggi sono un elemento essenziale per ogni museo, erano pressoché inesistenti fino al secolo scorso, quando i musei si limitavano a esporre in maniera stabile la propria collezione. Per riassumere con uno slogan, alla memoria si è aggiunta la promozione. Storicamente musei e archivi sono nati perché una parte della comunità ha deciso che la memoria ha un significato e va preservata e valorizzata – o ricostruita, ma questo è un altro discorso. Un servizio pubblico che rimane ancora
adesso essenziale ma che non esaurisce la missione dei musei contemporanei chiamati a compiti di produzione culturale, di ricerca, di comunicazione, di pubbliche relazioni, di prestigio… Di fronte a questo nuovo scenario, abbiamo due possibilità. La prima è che il museo rinunci a tutto questo, limitandosi alla conservazione del patrimonio, perdendo opportunità di crescita per sé e il territorio. La seconda è che si attivi in questo settore, pur non avendo una struttura amministrativa adatta e, di fatto, investendo risorse pubbliche in qualcosa che di per sé va al di là del servizio pubblico di gestione del patrimonio culturale. La soluzione a questi problemi, lo si sarà capito, è una fondazione in cui tenere insieme pubblico e privato. Fondazione che – ha concluso Campione – non solo permette di svolgere con maggiore efficienza la missione pubblica di custodia della memoria, ma trasforma in risorsa il proprio patrimonio culturale e, soprattutto, crea delle competenze che si possono applicare altrove. Non è un caso che la fondazione si chiami Culture e musei: l’obiettivo non è solo la gestione del Museo delle culture ma aprirsi alle molte istituzioni presenti sul territorio che non hanno ancora fatto il salto. Una prima sperimentazione, ha ricordato Campione, è avvenuta con il Museo delle dogane di Gandria. Con ottimi risultati.