Mirko Bertoli a tutto campo
Hockey ma anche tanto calcio nell’estate del team manager dell’Hc Lugano, persona assai nota pure sui rettangoli verdi
Hockey, ma anche calcio. Sono le due passioni sportive di Mirko Bertoli, oggi team manager dell’Hc Lugano, ma con un lungo trascorso sui campi da calcio alle spalle. Prima come giocatore (di Rapid, Basilea, Bellinzona e San Gallo in particolare), e poi come allenatore. «La mia carriera di giocatore ad alti livelli l’ho dovuta chiudere piuttosto presto, complice un incidente automobilistico abbastanza serio – spiega Bertoli –. Poi ho cominciato ad allenare: Tresa, Bellinzona, Bodio e Mendrisio-Stabio» Dopodiché, undici anni fa, è arrivata la chiamata dell’Hc Lugano, e Bertoli ha... cambiato sport: «La mia prima grande passione è comunque stata per l’hockey: ho iniziato a tifare Lugano prima ancora di... cominciare a parlare. Il calcio è invece da sempre la mia passione in fatto di sport praticato». Due passioni che possono convivere? «Con un po’ di “ingegno”, direi di sì. Non a caso, quando allenavo, arrivavo anche a... spostare gli allenamenti per poter vedere le partite del Lugano (ride). All’interno dello spogliatoio, come in tutti gli sport di squadra, ci sono dinamiche simili».
‘Di deboli non ce ne sono più’
Parliamo di questi Mondiali: come li vive il direttore sportivo dell’Hc Lugano? «Sono un tifoso passionale, che ama seguire la Svizzera a casa, dove posso commentare questa o quella giocata in piena libertà. Per seguire bene una partita ci vuole tranquillità. Quando in campo ci sono altre squadre, e dunque sono meno coinvolto emotivamente, allora è bello fare una capatina a un grande schermo in qualche piazza, dove l’ambiente, il folklore e la varietà di culture che si ritrovano sono qualcosa di straordinario». Veniamo al Mirko Bertoli spettatore dei Mondiali: quante partite hai visto finora? «Negli scorsi giorni ho lavorato a metà servizio perché malaticcio; rincasando prima ho potuto seguire la Coppa del mondo alla televisione. Premetto che non sono una persona che consuma regolarmente dosi massicce di televisione, ma visto che ne avevo la possibilità e che ci
sono i Mondiali... Fino ad ora ne ho perso davvero poche di partite di questa edizione». Il giudizio? «C’è stato un sensibile livellamento verso l’alto; non c’è più una squadra debole. Tutte sono ben messe fisicamente, tatticamente ben organizzate. Oggi più che mai ogni squadra può far sudare le più blasonate. Le fatiche incontrate da Brasile, Argentina e Germania, tanto per citarne alcune, sono la conferma di questo livellamento. Alcune squadre mi hanno impressionato, al di là dei risultati sul campo. Come il Marocco, che sebbene fosse già eliminato dopo due partite, ha evidenziato ottima qualità di gioco e intensità. A penalizzarli è stato il fatto di non poter
contare su individualità che fanno invece le fortune di altri. Penso al Portogallo, che in rosa ha Ronaldo, capace di prendere per mano tutto il gruppo».
‘Ho fiducia in questo gruppo’
Dove arriverà la Svizzera? «Ho fiducia in questo gruppo. Già ne avevo alla vigilia del torneo; dopo due partite ne ho ancora di più. Stanno vivendo un ottimo momento, grazie al lavoro di un allenatore come Petkovic, che ho la fortuna di conoscere personalmente e ritengo una persona squisita dentro e fuori dal campo. La qualità nella rosa non manca, con parecchi giocatori che stanno facendo bene in campionati ancora più competitivi di quello svizzero. Per fare strada ci vuole però pure un po’ di fortuna: se anche quella dovesse assisterci, i numeri per permettere alla Svizzera di fare diversa strada ci sarebbero proprio tutti». Parliamo delle altre. Iniziando dalla Germania: «È la solita Germania, che proprio quando tutti la danno per spacciata riesce a piazzare quella zampata che rimette tutto e tutti in discussione. È tornata in corsa per gli ottavi e a questo punto sarà un cliente insidioso per tutti, sebbene finora non sia ancora riuscita a dimostrare tutto il suo valore». E le altre? «Mi ha deluso l’Argentina. A dirla tutta, già in tempi non sospetti avrei pronosticato l’Albiceleste (assieme al Brasile) in difficoltà. È la dimostrazione che il talento puro, a questi livelli, non basta più. Servono pure un’ottima condizione fisica e un efficace sistema di gioco. In Russia ci sono squadre che posseggono talenti immensi, ma che però non riescono ad amalgamare tutti gli elementi. Prendo l’esempio dell’Hc Lugano e della Svizzera ai Mondiali in Danimarca: squadre che, se paragonate a diverse avversarie che hanno incontrato, forse non possedevano altrettanti grossi nomi, ma che con la coesione del gruppo hanno saputo fare cose incredibili».