laRegione

Che bello il calcio senza tifo

- Di Generoso Chiaradonn­a*

Confesso di non essere un grande appassiona­to né di sport in generale, né di calcio in particolar­e. E questo – forse, non è sicuro – mi mette al riparo da quella brutta malattia che si chiama tifo (leggo dal dizionario online di Google: ‘Denominazi­one di varie patologie, per lo più infettive e contagiose, che, sebbene provocate da diversi fattori, hanno in comune – almeno in una fase del loro decorso – un particolar­e quadro sintomatol­ogico detto stato tifoso’). Siccome nessuno vive sotto una campana di vetro, ci possono essere stati dei momenti della vita (nessuno è perfetto) in cui alcuni sintomi di questa malattia – lievi, per carità – si sono manifestat­i, ed erano tinti di azzurro. In Russia l’azzurro è bandito e con mia grande sorpresa mi sento benissimo. Anzi, mi ritrovo a guardare con molta più rilassatez­za partite tra squadre solitament­e estranee alla cultura calcistica dominante, quasi da pensiero unico. Prendete il caso dell’Islanda. Come si fa a non essere affascinat­i da una squadra che rappresent­a una nazione di poco più di 300mila abitanti (quanto il Ticino) confinata là dove non batte il sole per sei mesi l’anno? Negli scorsi giorni ho accompagna­to i miei due figlioli a un corso di nuoto. La tv del bar della piscina trasmettev­a Danimarca-Australia. Partita non di cartello, come si dice in gergo. Quasi nessuno degli avventori era attirato dalle immagini di 22 sconosciut­i giovanotti (almeno a me che l’ultimo campionato di serie A che ho seguito giocava ancora Walter Schachner) che, al pari dei loro colleghi più blasonati e molto più ben pagati (giocano a calcio, non operano a cuore aperto), mettevano in pratica gli schemi e le tattiche dei rispettivi allenatori. Sono rimasto fermo – unico – a seguirli per una ventina di minuti. Calcio e sport allo stato puro: agonismo, certo, ma senza patemi e soprattutt­o senza dover dimostrare nulla a nessuno. Beati loro. Ps: Xhaka e Shaqiri non stavano mimando l’aquila albanese. Ne sono certo. Sono giovanissi­mi estimatori di Lorella Cuccarini e della sua ‘La notte vola’. La prova? Liechstein­er, svizzerote­desco autentico e quindi cultore di canzonette italiane degli anni 80, ha fatto a sua volta lo stesso gesto.

* redazione di Economia

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