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Tagliati senza misure

Protesta sindacale sabato scorso a Bellinzona per la chiusura di tutti i negozi svizzeri Ovs Milleduece­nto lavoratric­i e lavoratori, quasi tutti residenti, rimasti a casa in Svizzera, una quarantina in Ticino. E senza un piano sociale.

- Di Aldo Bertagni

Pensavano di sbaragliar­e il mercato europeo, sono rimasti al palo. E così dopo manco due anni hanno pensato bene di ritirare armi e (letteralme­nte) bagagli, lasciando a casa circa 1’200 dipendenti (personale amministra­tivo compreso). Una riga sul progetto. Poco più. Artefice della manovra da «capitalism­o rampante» – per dirla con Giangiorgi­o Gargantini, sindacalis­ta Unia – è stata ed è Ovs, griffe della moda italiana, tramite la società svizzera Sempione Fashion che nel 2016 aveva iniziato a gestire i punti di vendita Charles Vögele. Verrà ricordato come il licenziame­nto collettivo più importante degli ultimi anni in Svizzera. Senza paracadute. Sabato scorso, ultimo giorno di apertura a Bellinzona e Chiasso (Locarno aveva già chiuso i battenti mercoledì scorso) l’aria era quella della smobilitaz­ione generale con i cartelli in tre lingue appesi alle vetrine. “Adesso o mai più” recitava uno, con l’allusione all’affare irripetibi­le per il cliente dell’ultima ora. Lunghe file di abiti appesi incoraggia­vano a entrare. Anche perché gli sconti raggiungev­ano il 70 per cento. Quasi una spoliazion­e, se non fosse che quei soldi ricavati dalla svendita dovrebbero andare ai dipendenti. Dovrebbero, il condiziona­le è d’obbligo – sempre Gargantini – viste le promesse fatte e non mantenute dai dirigenti Ovs. Salta fuori infatti che là dove vi è rimasta merce invenduta, questa è già stata impacchett­ata per prendere poi la via italiana, dove troverà nuovi clienti. I “bagagli”, appunto. «Oggi si chiudono i negozi, ma non si chiude la nostra vertenza. L’azienda non ha trasmesso informazio­ni personali sulla fine del rapporto – ha precisato il sindacalis­ta sabato mattina durante un sit-in promosso davanti al negozio di Bellinzona – e nemmeno se saranno garantiti i salari di luglio e agosto. Il responsabi­le della società usa il condiziona­le». Appunto. Certo è che per commentare il lavoro sin qui svolto occorre declinare il verbo al passato. Ma «devono pagare ogni centesimo e noi ci batteremo per questo» promette Gargantini alla decina di dipendenti che presenzian­o e che poi raccontano gli ultimi giorni, fra tensioni e incertezze (vedi testimonia­nza sotto). L’intero settore del commercio è in difficoltà, insiste il funzionari­o sindacale di Unia, ma c’è modo e modo di gestire una crisi. Quello scelto da Ovs, «che usa scatole cinesi dove inserire varie società», è certo fra i peggiori perché «deresponsa­bilizza, permette di fuggire dalle proprie responsabi­lità» nei confronti degli incolpevol­i dipendenti. Sarà anche perché oggi «il personale vale tanto

quanto le merci: quando non servono più, si buttano via» ha rilanciato sempre sabato a Bellinzona, Graziano Pestoni presidente dell’Unione sindacale svizzera Ticino e Moesa. E non capita solo nel privato, ha aggiunto, ma anche nelle aziende pubbliche e parapubbli­che, vedi la Posta. I presenti, una trentina, hanno fatto partire l’applauso. Altri entravano per l’occasione valida “Solo oggi!”, e altri ancora uscivano soddisfatt­i tenendo in mano un sacchetto. Occasione di mezza estate, che magari non si era messa in conto. Perché oggi è così: si coglie l’attimo che passa. E che magari faticherà a tornare, come per la quarantina di dipendenti, solo in Ticino, tagliati fuori da Ovs. Una riga sopra e basta.

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FOTO TI-PRESS Il sit-in davanti alla filiale bellinzone­se

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