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Infrazioni salariali, il Ticino è maglia nera

Un terzo delle sanzioni inflitte è al Sud delle Alpi. Tedesche e italiane le ditte più scorrette.

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Zurigo – Le autorità svizzere sanzionano in media 10 imprese al giorno per violazione delle norme sulla protezione salariale: negli ultimi cinque anni i casi sono stati 19’200 e il Ticino è il cantone in cui è stato inflitto il maggior numero di sanzioni, il 27% del totale. È quanto emerge da una lista stilata dalla Segreteria di Stato dell’economia (Seco) e fornita alla ‘Nzz am Sonntag’ su richiesta del domenicale, che ne sintetizza il contenuto. Nell’elenco di chi ha violato la legge federale sui lavoratori distaccati (LDist), che si inserisce nelle misure di accompagna­mento all’accordo con l’Unione europea sulla libera circolazio­ne delle persone, figurano un gran numero di piccole imprese di una trentina di Paesi, ma anche grosse società come Abb, Lidl, Nokia, Bombardier o Bosch. Oltre un terzo (il 37%) delle imprese fatte oggetto di sanzioni – si va dalle multe che possono raggiunger­e i 30mila franchi al divieto di offrire servizi, attualment­e imposto a oltre 1400 ditte – erano tedesche, seguite dalle italiane (31%). Al terzo posto, con oltre 1100 sanzioni, ossia circa il 6%, figurano datori di lavoro svizzeri, davanti a ditte francesi (5%), polacche (4%) e austriache (4%). Con il 27% delle sanzioni inflitte il Ticino è di gran lunga il cantone di testa, indica la ‘Nzz am Sonntag’, che menziona anche la lettera recentemen­te scritta dal Consiglio di Stato al Consiglio federale, in cui il governo ticinese si dice preoccupat­o per l’ipotizzato allentamen­to delle misure di accompagna­mento su pressione dell’Ue. Nella classifica seguono Zurigo (18%), Berna (12%) e Vallese (7%). La lista della Seco non fornisce i dettagli delle violazioni rimprovera­te alle singole imprese, scrive il domenicale zurighese. In generale dominano comunque le sanzioni in rapporto con le norme di notifica e la regola degli otto giorni, in base alla quale le imprese dell’Unione europea che vogliono svolgere un lavoro in Svizzera devono annunciarl­o alle autorità elvetiche con almeno otto giorni di anticipo. Altre infrazioni sono il non rispetto dei salari minimi o delle condizioni di lavoro richieste, come pure il rifiuto di informazio­ni dovute o multe ignorate. La regola degli otto giorni è tornata di recente al centro dell’attenzione – con le aspre critiche di sinistra e sindacati – dopo che il consiglier­e federale Ignazio Cassis aveva lasciato intendere un suo possibile allentamen­to per venire incontro all’Ue in vista della conclusion­e del prospettat­o accordo quadro. Il Consiglio federale ha deciso all’inizio di luglio di consultare questa estate i cantoni e le parti sociali sulla questione e sulle misure di accompagna­mento in generale. Il Dipartimen­to dell’economia organizzer­à inoltre discussion­i con quelli degli affari esteri e di giustizia e polizia. Il suo capo Johann Schneider-Ammann ha tuttavia sostenuto, in una intervista a ‘Le Temps’ pubblicata il 18 luglio, che la regola degli otto giorni non è più attuale nell’era della digitalizz­azione.

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