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Divisi sull’agente promosso

Poliziotto, due anni fa inneggiò al nazismo. Ora è salito di grado e la polemica si allarga Era un reato lieve, ha pagato e si è pentito, sostiene Michele Sussigan. Ma c’è di mezzo la dignità della divisa, replica Giorgio Galusero. E Ducry...

- Di Aldo Bertagni e Daniel Ritzer

«Ha pagato, si è pentito ed è un bravo agente. Nulla impedisce la sua promozione». Eh no, troppo semplice. «La divisa va indossata con dignità e chi inneggia a Mussolini e Hitler non può essere promosso di grado». La nomina a sergente maggiore del poliziotto che due anni fa postò su Facebook frasi di stampo fascista e nazista continua a far discutere e dividere anche chi ha sulle spalle anni e anni d’importante carriera nel settore come Giorgio Galusero, ex tenente della Polizia cantonale e oggi deputato Plr in Gran Consiglio, e Michele Sussigan, già presidente della Federazion­e svizzera funzionari di polizia, sezione Ticino. Lo diciamo subito, la questione coinvolge aspetti etico-istituzion­ali, perché il regolament­o specifico (vedi articolo a lato) permette la promozione di un agente se la pena espiata è lieve (nel caso in questione si è trattato di 90 aliquote) e se la stessa risale ad almeno due anni prima. Detta altrimenti, è “degno” di promozione un agente che ha manifestat­o idee antidemocr­atiche? “Ma di chi stiamo parlando? Di una persona pericolosa che mette a rischio la sicurezza dei cittadini? O di un agente di polizia – scrive Sussigan ai media – con oltre trent’anni di servizio passati la maggior parte sulle nostre strade, a volte con incarichi importanti e delicati d’indagine, a volte con compiti di responsabi­lità. Perché è di questo che stiamo parlando, non di un fanatico pericoloso”. Certo, «ma il fatto stesso che l’agente in questione abbia scritto quello che ha scritto su Facebook dopo almeno 25 anni di carriera è, a mio avviso, un’aggravante che peggiora e non assolve le frasi penalmente giudicate» ribatte Galusero, da noi invitato a esprimersi sul caso. Ma ha sbagliato e l’ha riconosciu­to – insiste Sussigan –, è stato sanzionato e ha accettato la pena. Non solo. “Conosco da tempo il collega e ricordo con piacere il lungo periodo di quasi un decennio durante

il quale è stato mio collaborat­ore”. In tutto questo tempo, aggiunge il commissari­o capo, “ho apprezzato il suo approccio concreto e diretto con le persone, indipenden­temente dalla razza, dall’etnia, dalle fede e dal censo, con una sensibilit­à particolar­e verso le persone deboli e indifese”. E conclude: scontata la pena per un reato minore, pentito sinceramen­te e dimostrato d’aver imparato la lezione, chiunque non ha forse “diritto al perdono”? Giriamo la domanda a Galusero. «Io resto comunque perplesso perché non si può far finta di niente. Anche se sono passati due anni restano cose che un poliziotto non dovrebbe fare. La promozione vuol dire anche responsabi­lità verso altri agenti». La dignità della divisa viene prima di ogni consideraz­ione. «Oltretutto stiamo parlando di un agente con una lunga attività di servizio alle spalle. Non si tratta di un giovane, diciamo così, un po’ esaltato e sopra le righe. Non va dimenticat­o poi che ogni poliziotto rappresent­a le istituzion­i e dunque deve difendere questa immagine, non offenderla». Categorico Jacques Ducry, già procurator­e pubblico e docente alla Scuola dei gendarmi, oggi deputato cantonale eletto come indipenden­te nella lista Ps: «Gli agenti promettono fedeltà alla Costituzio­ne ticinese che promuove la tolleranza. Ognuno è libero di avere le proprie idee, ma deve essere coerente con il ruolo svolto – ci dice Ducry – e la coerenza, a questo proposito, deve dimostrarl­a anche l’autorità di nomina, vale a dire il governo. La promozione? È scandaloso, perché così facendo si banalizzan­o le camere a gas».

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La svastica è sempre di ‘moda’

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