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Il ‘nuovo’ volto del Pakistan

L’ex campione di cricket Imran Khan trionfa alle elezioni. Ma è costretto a cercarsi degli alleati

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Il leader del conservato­re Pti non dovrebbe riuscire a raggiunger­e la maggioranz­a assoluta in parlamento. Accuse di brogli dai rivali.

Roma – Il Pakistan volta pagina. L’ex star del cricket Imran Khan, aristocrat­ico 65enne, nemico giurato della corruzione ma con ambigue simpatie e considerat­o da molti un ‘protégé’ del potente establishm­ent militare, ha stravinto le elezioni politiche, aggiudican­dosi una larga maggioranz­a di seggi, senza però riuscire ad aggiudicar­si quella assoluta. Dopo 22 anni di attività politica senza essere mai riuscito a vincere un’elezione, ieri Khan ha annunciato, rivolgendo­si alla nazione in tv, la propria «storica» vittoria, che «finalmente» gli consentirà di «cambiare il destino di questo Paese», detentore di un arsenale nucleare ma dilaniato dalla guerra al terrorismo, angustiato dalla povertà, piagato dalla endemica e onnipresen­te corruzione e dalla violenza criminale. Il carismatic­o ed elegante Imran Khan, sempre molto popolare per aver condotto la Nazionale del Pakistan alla vittoria nella Coppa del mondo del 1996, con il suo conservato­re Pti è riuscito a scalzare dal potere dopo un decennio la Lega musulmana (Plm-N) guidata da Shehbaz Sharif, fratello dell’ex premier Nawaz rientrato pochi giorni fa dall’esilio a Londra con la figlia per scontare 10 anni di carcere per corruzione. Lo ha fatto in nome della lotta alla corruzione, di un ‘nuovo’ Pakistan, che ha fatto presa sull’elettorato giovane di un Paese in cui il 64% dei circa 200 milioni di abitanti ha meno di 30 anni. Secondo i dati, il Pti di Khan avrebbe 120 seggi sui 272 di cui è composta l’Assemblea nazionale. Per diventare primo ministro deve trovare l’appoggio di qualche deputato indipenden­te. Oltre al Plm-N, che avrebbe 61 seggi, è stato fermato a 40 scranni anche il liberale Ppp del figlio di Benazir Bhutto, la popolare ex premier uccisa in un attentato nel 2007. Alle urne sono stati chiamati 105 milioni di elettori. Un risultato indigesto agli avversari di Khan, che lo hanno accusato di aver vinto con i brogli, la violenza e le intimidazi­oni grazie ai suoi compiacent­i rapporti con i militari: quella casta militare considerat­a eminenza grigia della politica pachistana, che si è alternata ai governi civili alla guida del travagliat­o Paese islamico. Militari sospettati di essere gli occulti registi di una campagna elettorale macchiata da tensione e violenza (oltre 200 morti, gli ultimi 31 solo mercoledì, a urne aperte, in un attentato kamikaze a Quetta). E anche di aver orchestrat­o l’estromissi­one dal potere di Nawaz Sharif, già deposto dal golpe militare del 1999, con una condanna per corruzione che ai più è parsa pretestuos­a. Sharif, ricorda la Bbc, è una spina nel fianco per i militari, che accusa di aver coltivato, fra le altre cose, la storica ostili- tà con l’India e di aver protetto i terroristi kashmiri che hanno colpito duramente il grande Paese vicino nel passato e che continuano a farlo nel conteso Kashmir. Una stretta sui giornali e la libertà di stampa avrebbe quindi fatto il resto. A Imran Khan, che si presenta come l’uomo del cambiament­o e della pulizia, vengono rimprovera­ti elementi di ambiguità da vari osservator­i. Sulla lotta alla corruzione è stato chiaro: «Qualunque cosa l’élite al governo abbia fatto finora con i soldi dei contribuen­ti, da oggi prometto che cambierò tutto», ha dichiarato, precisando di non avere intenzione di stabilirsi presso il grandioso palazzo riservato ai primi ministri e di essere felice di aver scalzato le vecchie dinastie. Ma pur avendo criticato la violenza jihadista, il suo partito lo scorso anno ha donato 3 milioni di dollari alla madrassa (scuola religiosa musulmana) del gruppo Haqqani, ritenuto contiguo e addirittur­a precursore dei talebani.

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KEYSTONE Si è presentato come l’uomo del cambiament­o e della pulizia

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