Presente e futuro, non il passato
Con tono severo da queste colonne il già sindaco di Chiasso Fernando Pedrolini mi ha accusato di incoerenza e disonestà intellettuale in merito a mie recenti prese di posizione in ambito di mobilità. Respingo il tutto al mittente, invitando a guardare al presente e non a rivendicare – solo per Chiasso – un passato che di fatto non esiste più almeno da un decennio. Le infrastrutture ferroviarie di oggi, e per esse le stazioni e i nodi di interscambio, non sono quelle degli anni 70. Negli anni a venire in tutta la Svizzera la situazione muterà ulteriormente, penso all’interramento della stazione di Lucerna e a vari aggiramenti di agglomerati. Guardo al presente, cercando di costruire il futuro. In Vallese l’apertura del Lötschberg ha generato dinamiche inattese, facendo del comprensorio di Visp/Briga un importante cardine della mobilità locale con relativo sviluppo economico; inimmaginabile a priori.
Segue da pagina 13 Nel citato articolo prende vari elementi di miei recenti interventi parlamentari e con un selettivo taglia/incolla giunge a conclusioni errate. Per quanto attiene ai posti di lavoro: la tematica è estremamente rilevante ma da affrontare in separata sede. Solo la realizzazione di nuove infrastrutture, e non la difesa di quanto già non più esiste, genera opportunità, anche di lavoro. Andiamo con ordine in ambito di infrastrutture. AlpTransit è un progetto svizzero epocale e la mobilità ferroviaria del secolo corrente ne risulterà fortemente subordinata. Le attuali incongruenze d’orario, che non toccano solo il Basso Mendrisiotto (!), sono dovute alla fase di transizione legata soprattutto all’attesa per l’apertura del tunnel del Ceneri e a numerosi cantieri sulla rete. Chi viaggia durante il giorno da e verso nord delle Alpi, a Lugano ha tempi di attesa di quasi venti minuti; una situazione poco efficiente che si risolverà nel 2020 a beneficio di tutto il Mendrisiotto. La rivendicazione del completamento di AlpTransit da confine a confine, anche sull’asse nord-est in un’ottica di “croce federale della mobilità”, è una necessità politica largamente (forse unanimemente condivisa) in tutto il Ticino. La creazione di un asse diretto e celere da Lugano al confine non è tuttavia oggi ritenuta prioritaria dalle Autorità federali. Un grave errore di valutazione a cui va frapposta un’azione politica robusta che vede già ora in Ticino un impegno trasversale di politica e società civile. Bene, è il momento di varcare uniti il San Gottardo per convincere la Svizzera intera. Realizzare il completamento di AlpTransit permetterebbe di avere due tracciati a sud di Lugano: uno ad alta velocità per il traffico passeggeri a lunga percorrenza e per le merci, l’altro – la linea attuale – da trasformare in rete regionale a cadenza di quarto d’ora. Due linee in un fazzoletto di terra sarebbero ottimali e piuttosto uniche nel panorama nazionale. Anche per questo le resistenze a livello federale sono molto alte. Ritenuta la capacità di guardare avanti e riuscire nel prossimo ventennio a completare AlpTransit a sud di Lugano, occorre pensare al coordinamento con la mobilità regionale. Attualmente i cardini definiti sono Bellinzona e Lugano, due nodi a pochi chilometri di distanza, situazione anch’essa (giustamente) eccezionale. Non dimentichiamo che a suo tempo si paventava un unico perno con una potenziale nuova “stazione Piano di Magadino”. Se l’alta velocità svizzera potrà permettersi nel futuro tre soste in Ticino (ad oggi escluse), il Mendrisiotto deve essere un fronte unito per rivendicare la terza. Occorre in questo momento storico capire quale sia lo snodo che offre maggiori opportunità ai passeggeri. Mendrisio, a favore di tutto il Mendrisiotto, ha carte da giocare. Non si tratta di “spazi per sostare i treni”, ma di opportunità per l’utenza: la connessione con altre linee ferroviarie (Varese) e il nodo di interscambio con il trasporto pubblico locale su gomma (Autopostale-Amsa).