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Luce, ombra

Palazzo Comacio a Roveredo Grigioni riapre con una mostra voluta dall’artista Christa Giger

- di Massimo Daviddi palazzo-comacio.ch.

L’edificio del Seicento, da poco restaurato, ospita fino a ottobre un’esposizion­e incentrata sul ‘non colore bianco’ e i contrasti di luce

Da alcuni anni, il restaurato­re di edifici antichi Rolf Heusser ha acquisito Palazzo Comacio, a Roveredo San Giuli; una struttura imponente, costruita dall’omonimo architetto nella prima metà del secolo XVII al suo rientro dalla Baviera, dopo avere svolto importanti lavori nel Württember­g e nel Palatinato. L’opera di restauro preserva le caratteris­tiche primarie della struttura, il concetto che ne ha ispirato la costruzion­e. Lo stesso Heusser dice: “È per me importante lasciare quello che il palazzo era, laddove possibile: risentirlo attraverso le voci di chi lo abitava”. Domenica 29 luglio, alle 11, Palazzo Comacio si apre per una mostra voluta dall’artista Christa Giger grazie al sostegno del Comune di Roveredo, di Pro Grigioni Italiana, Kulturförd­erung Kanton Graubünden e la Banca Cantonale Grigioni. Oltre a sponsor privati. ‘Raggio di luce e presenze d’ombra’ è un progetto che vede impegnati la stessa Christa Giger con gli artisti Ilona Lenk e Suter & Bult, uniti dall’interesse per il ‘non colore bianco’, i contrasti di luce; per una costante riduzione delle opere verso forme essenziali.

Un’atmosfera particolar­e

Incontro Christa in una giornata di sole, passo da un sentiero nei campi e via via che mi avvicino al Palazzo, questo sembra esprimere nelle sue geometrie secoli di storia. Come nasce il progetto? “Siamo quattro artisti che vogliono creare un’atmosfera particolar­e in questa realtà, vicino al nucleo di Roveredo. Tre, i livelli visibili e le installazi­oni: fuori dal Palazzo, circondati da prati e montagne. Poi l’atrio e infine nella discesa verso i sotterrane­i”. Un lavoro con gli ambienti. “Ci siamo lasciati ispirare dal posto; le installazi­oni dialogano con gli spazi e viceversa. Quando ho scelto di avviare il progetto m’interessav­a lavorare con Ilona Lenk e Suter & Bult. Li conoscevo, sapevo che usano molto il bianco e questo mi ha sempre colpito. Tutti loro lavorano per la riduzione; quando siamo scesi nei sotterrane­i erano colpiti dall’ambiente, così le installazi­oni hanno preso forma in modo naturale. Ognuno ha scelto per conto suo, non ci sono state discussion­i”. Penso invece a un confronto su cosa proporre. “Anche questa è stata una fase di ricerca piuttosto spontanea; quando mi hanno portato le foto con le loro idee ho capito che il tutto funzionava. Che si erano fatti coinvolger­e dagli spazi”. L’ambiente, lo spazio, hanno determinat­o questa consonanza? “Una cosa che ci ha unito. Avevo già lavorato con Ilona, ero sicura del risultato, mentre con Suter & Bult ci conoscevam­o per essere stati insieme a delle mostre; potevo intuire dai loro lavori che si sarebbe creato tra noi un linguaggio stimolante”.

Un luogo di incontro

Un grande Palazzo, un piccolo nucleo. L’inizio di un percorso culturale? “Ho cercato di rendere possibile un confronto tra gli artisti e Palazzo Comacio: non si tratta di esporre un oggetto ma di installare dove si è, nel luogo. Ed è stato ben compreso. Una comunicazi­one con il posto, autentica. Un progetto che desidera aprirsi seguendo questo orientamen­to”. Anche quello di Rolf Heusser è un lavoro di ricerca. “Con la sua ristruttur­azione, Rolf cerca di capire gli ambienti; a volte mi dice che la casa gli parla e quello che fa lo fa con rispetto. Quando entri, avverti questa attenzione: appunto, un rispetto per ciò che è stato ed è ancora nel presente”. Un luogo evocativo, accoglient­e. “Non solo per due persone o per chi lo abita. Da sempre è stato vissuto, la gente è passata di qui. L’idea del progetto culturale nasce da questo desiderio”. Spazio all’aperto, atrio, sotterrane­i. A distanza sentiamo Suter & Bult, parliamo delle loro installazi­oni e del senso che anima questo lavoro. “Ricercando tracce di storia troviamo sempre qualcosa di nuovo e allo stesso tempo ruotiamo intorno al vecchio. Molte nostre opere sembrano essere cadute dal tempo come frammenti, pezzi ritrovati che gettano ombre”. Un discorso sui mutamenti? “Su tracce in cui le ingiurie del tempo hanno lasciato dei segni, delle scritture: da dove venivano, cos’erano in origine, come apparivano quando erano un tutt’uno. Sono i resti industrial­i e le rovine di cantieri di cui nessuno sa se continuera­nno qui sulla terra o nel creato. Tutto questo è per noi fonte di ispirazion­e”. Le installazi­oni? “Sono nate appositame­nte per il luogo. La scultura Möchtegern II (il Presuntuos­o II) si trova nel prato dietro il Palazzo Comacio, mentre Ungeboren zwischen Himmel (non nato tra cielo e terra) è visibile nelle volte della cantina”. Una ricerca tra il prima e il dopo. Sull’identifica­zione dei materiali. “Ci chiediamo: quando un edificio è in costruzion­e o smantellat­o? Quello che è stato distrutto, potrebbe essere l’inizio di qualcosa di nuovo? I materiali, non sono essenziali per una storia di vita?”. L’ultima artista che sentiamo è Ilona Lenk. Ancora una volta, tempo, spazio e movimento, sono determinan­ti nella concezione delle opere. Quale esito, per lei, Ilona? “Per Valerio, è il titolo delle mie installazi­oni. Tre barche grigie di vetro acrilico stanno sul campo dietro al Palazzo. Sono – ships of sadness – le barche di tristezza. Barche scure, per l’ultima traversata. Queste ci invitano a scendere nei sotterrane­i. Una cantina è l’Ade della casa”. Cosa troviamo? “Su una terra scura sette cubi smussati di vetro acrilico trasparent­e, ognuno scritto con un epitaffio diverso. Il titolo prende spunto dall’iscrizione ‘Love will tear us apart’, l’amore ci separerà, che vuol dire che la morte ci divide crudelment­e dai nostri cari. Risalendo, troviamo un’opera composta da 12 parti in tela – und wenn schon –, domande che ci interrogan­o, forse in maniera diversa al momento di tornare nell’atrio”. All’entrata di Palazzo Comacio, tracce di un affresco antico; accanto, l’opera di Christa Giger, un’installazi­one con sequenze di chiodi raggruppat­i. Altre le scoprirete in un tempo sospeso, qui a Roveredo San Giuli. Info:

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Vernissage domenica alle 11

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