Sequestrato il ‘tesoro’ di Messina Denaro
Un altro duro colpo alla rete di fiancheggiatori dell’ultimo padrino di ‘Cosa Nostra’ Matteo Messina Denaro, da oltre un quarto di secolo primula rossa. Guardia di finanza di Palermo e carabinieri del Ros, ieri, hanno sequestrato i beni di Giovanni Savalle, 53enne, originario di Castelvetrano, fiscalista e imprenditore che per i magistrati della Dda di Palermo, coordinati dal procuratore aggiunto Marzia Sabella, sarebbe il tesoriere del boss di Castelvetrano. Un tesoro di oltre 60 milioni di euro. Fra i beni sequestrati anche numerosi conti correnti bancari in Svizzera, per lo più in Ticino, in riva al Ceresio. Nel comunicato stampa congiunto di Guardia di finanza e carabinieri si parla di “28 rapporti bancari (sia in Italia che in Svizzera”. Quelli in Svizzera sono 12, quasi tutti in Ticino, per una quindicina di milioni di euro. Non è la prima volta che si parla di conti correnti ticinesi riconducibili a Matteo Messina Denaro, che disponeva di bancomat e carte di credito emesse da banche luganesi, messe a disposizione di Domenico “Mimmo” Scimonelli nato a Locarno, dove ha vissuto una ventina d’anni, prima di trasferirsi a Partanna, in provincia di Trapani, arrestato negli anni scorsi in quanto considerato un fiancheggiatore di Cosa Nostra, legato a Messina Denaro. Considerato l’“uomo bancomat” del padrino della mafia siciliana, nel corso degli ultimi dodici mesi Scimonelli è stato condannato a 17 anni e all’ergastolo per essere stato il mandante di un delitto mafioso. A Savalle, a seguito di un provvedimento della sezione Penale e misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, ieri sono stati sequestrati 22 complessi aziendali, fra cui un resort di lusso di Mazara del Vallo, 47 fabbricati, 12 pacchetti azionari, 8 autovetture di grossa cilindrata e 28 conti correnti, per un valore complessivo di 62 milioni e 922mila euro. Gli investigatori hanno scoperto che Savalle avrebbe goduto dell’appoggio di mafiosi come Filippo Guttaduro, marito di una sorella di Messina Denaro e Giuseppe Gregoli, considerato il braccio economico del latitante, nonché business man della grande distribuzione alimentare. M.M.