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Perché Campione ci riguarda

- Di Dino Stevanovic

Si chiama Totone, è di origine longobarda ed è vissuto nell’Ottavo secolo. Studiosi a parte, pochi sanno che questo ricco commercian­te è uno dei più illustri cittadini di Campione d’Italia e al contempo “la figura più ragguardev­ole delle terre ticinesi” di quel secolo, secondo il ‘Dizionario storico della Svizzera’. Il suo personaggi­o non è importante solo per motivi storici – avendo contribuit­o a sfatare il mito dei ‘Secoli Bui’ –, ma anche politici. Alla scelta di Totone di donare i propri beni all’arcivescov­o di Milano, si deve infatti l’attuale appartenen­za del paese ceresiano all’Italia. Siamo nel 2018 e questa duplice natura di Campione è esasperata da quella che è probabilme­nte la più grave crisi con la quale l’exclave si sia confrontat­a in tempi recenti. Le cronache narrano da mesi di una casa da gioco – la più grande in Europa, firmata Mario Botta – in grosse difficoltà, di un Comune sul lastrico, che da mezzo anno non è in grado di pagare gli stipendi. A luglio le cose precipitan­o: la società che gestisce il casinò è dichiarata fallita. È un vaso di Pandora che si apre. Seicento persone – fra dipendenti della casa da gioco e comunali – a rischio licenziame­nto su una popolazion­e residente di neanche duemila abitanti, servizi pubblici e parastatal­i chiusi o avviati a questo destino, cittadini preoccupat­i per il proprio futuro. Rabbia, frustrazio­ne, paura. Proteste e richieste d’aiuto sono dirette a Como, Milano, Roma. E a loro spetta trovare una soluzione. Ma la cornice di questo dramma che si sta consumando dall’altra parte del lago è ticinese. E non solo per la posizione geografica di Campione e a causa di una donazione che ne ha segnato le sorti, quanto pragmatica­mente per i numerosi legami con il Ticino. Dalla valuta alle targhe, dagli allacciame­nti idroelettr­ici alla telefonia, fino alle scelte scolastich­e e profession­ali dei suoi cittadini: il paese è – e si sente – in sostanzios­a parte anche svizzero. Salvare il sistema Campione – dove i proventi della casa da gioco di fatto sostengono l’ente pubblico – non sarà facile. Ci ha provato per anni l’amministra­zione comunale precedente, sta cercando appoggi politici per farlo l’attuale guidata da Roberto Salmoiragh­i. Intanto, la popolazion­e vive con il fiato sospeso. Non sa se i figli andranno all’asilo, se da settembre avrà ancora una copertura sanitaria, se domani il posto di lavoro ci sarà. Da quest’ultimo fronte le notizie più recenti non sono buone (cfr. pagina 13): la maggioranz­a dei dipendenti comunali saranno messi «in mobilità». Non un licenziame­nto, ma quasi. La situazione è «disperata, Campione non sarà mai più quello di una volta», ha sottolinea­to ieri il sindaco. Di fronte al preannunci­ato disastro sociale – esclusi miracoli per ora non all’orizzonte –, il grande esempio di solidariet­à dimostrato da un piccolo comune come Maroggia, disposto ad accogliere i piccoli rimasti senza scuola dell’infanzia, dovrebbe fungere da modello per chi pensa che Campione non sia affar suo. La storia, la cultura, i rapporti sociali ed economici e non da ultimo il senso di solidariet­à insito in tutti noi lo smentiscon­o: è una crisi che riguarda anche noi.

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