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Il posto all’Onu è più lontano

La candidatur­a all’organo dell’Onu non raccoglier­ebbe più una maggioranz­a in parlamento

- Di Fabio Barenco

La candidatur­a della Svizzera a membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu non raccoglier­ebbe più la maggioranz­a in parlamento.

Secondo il ‘Tages-Anzeiger’, oltre ai deputati Udc, sempre più parlamenta­ri Plr e Ppd si dicono contrari a una presenza della Svizzera

La candidatur­a della Svizzera nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu sembrerebb­e aver perso consensi in parlamento, tanto da metterla a rischio. Ad aggiungers­i all’Udc – che non l’aveva mai sostenuta – ci sarebbero diversi esponenti del Ppd e del Plr, che finora avevano sempre visto di buon occhio la presenza elvetica tra i 15 membri nell’organo delle Nazioni Unite. Lo ha rivelato il ‘Tages-Anzeiger’ nella sua edizione di ieri. Sette anni fa il Consiglio federale aveva deciso di ambire a un seggio nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ciò potrebbe avverarsi nel 2022, visto che finora gli unici due Paesi dell’Europa occidental­e che si sono candidati a membri non permanenti per il biennio successivo sono Malta e la Svizzera. Mancano quindi ancora quattro anni alla possibile elezione da parte dell’Assemblea generale dell’Onu, ma la Confederaz­ione si fa già da tempo ‘pubblicità’, sostenendo diversi Paesi e progetti in altri organi internazio­nali, ricordando che “nel 2022 ci candiderem­o a membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. Il ‘ministro’ degli Esteri Ignazio Cassis lo scorso mese di maggio aveva criticato l’agenzia Onu per i rifugiati palestines­i. E questo aveva sollevato diversi malumori: alcuni media e parlamenta­ri avevano accusato il consiglier­e federale ticinese di mettere in pericolo proprio la candidatur­a della Svizzera nel Consiglio di Sicurezza. Cassis in parlamento aveva però subito cercato di gettare acqua sul fuoco sostenendo che nessun Paese aveva avuto nulla da dire in proposito e che entro la fine del 2018 – il ‘Tagi’ parla di quest’autunno – avrebbe presentato al Consiglio federale un rapporto sui vantaggi e gli svantaggi di una simile candidatur­a. Secondo il quotidiano zurighese non sarebbero però le discutibil­i dichiarazi­oni del ‘ministro’ degli Esteri a mettere in pericolo la candidatur­a elvetica, ma i deputati alle Camere federali. La presidente della Commission­e della politica estera del Nazionale Elisabeth Schneider-Schneiter (Ppd/Bl) dubita che ci sia ancora una maggioranz­a in parlamento favorevole alla candidatur­a. Dal canto suo il consiglier­e nazionale Hans-Peter Portmann (Plr/Zh) ha affermato al ‘Tages-Anzeiger’ – sulla base di diversi colloqui con i colleghi – che anche una maggioranz­a risicata del gruppo parlamenta­re Plr è contraria alla candidatur­a. Quest’ultima, in una situazione simile, avrebbe quindi pochissime possibilit­à di essere accolta dai deputati federali. Ma finora il parlamento non ha mai votato: nel 2011 il Consiglio federale, sotto l’egida dell’allora ‘ministra’ degli Esteri Micheline Calmy-Rey (Ps), aveva preso la decisione autonomame­nte. Il governo in precedenza aveva consultato le commission­i di politica estera delle due Camere nelle quali la candidatur­a era stata accolta a larga maggioranz­a. L’Udc aveva poi richiesto invano in Consiglio nazionale di far votare il parlamento. Oggi è però il deputato Plr Portmann a pretendere che il parlamento possa esprimersi e sono diversi i suoi colleghi di partito che sono critici sulla candidatur­a: secondo il ‘senatore’ Philipp Müller (Ag) il Consiglio di Sicurezza ha fallito in Siria e nella vicenda sull’annessione della Crimea e questo avrebbe portato diversi parlamenta­ri a cambiare opinione. Dal canto suo, il consiglier­e agli Stati Damian Müller (Lu) ha sottolinea­to che la Svizzera in seno all’organo dell’Onu dovrà prendere posizione su conflitti internazio­nali. E questo metterebbe in pericolo il suo ruolo di mediatore discreto. A questi si aggiunge pure il presidente del Ppd Gerhard Pfister: “Sono sempre stato contrario alla candidatur­a”, ha affermato al foglio zurighese. Non tutti vedono la candidatur­a come una cosa negativa per la Confederaz­ione: sempre ieri proprio l’ex consiglier­a federale Calmy Rey ha rilasciato un’intervista al sito web del ‘Tagi’, nella quale ha affermato che non tutto nel Consiglio di Sicurezza funziona alla perfezione. Ma questo dovrebbe fungere da incentivo per migliorare quest’organo e la Svizzera potrebbe dare il suo contributo come ha già fatto durante la crisi della Crimea. Si tratta pur sempre della sicurezza collettiva, ha aggiunto.

La Svizzera potrebbe occupare una poltrona nel 2023

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