Il posto all’Onu è più lontano
La candidatura all’organo dell’Onu non raccoglierebbe più una maggioranza in parlamento
La candidatura della Svizzera a membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu non raccoglierebbe più la maggioranza in parlamento.
Secondo il ‘Tages-Anzeiger’, oltre ai deputati Udc, sempre più parlamentari Plr e Ppd si dicono contrari a una presenza della Svizzera
La candidatura della Svizzera nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu sembrerebbe aver perso consensi in parlamento, tanto da metterla a rischio. Ad aggiungersi all’Udc – che non l’aveva mai sostenuta – ci sarebbero diversi esponenti del Ppd e del Plr, che finora avevano sempre visto di buon occhio la presenza elvetica tra i 15 membri nell’organo delle Nazioni Unite. Lo ha rivelato il ‘Tages-Anzeiger’ nella sua edizione di ieri. Sette anni fa il Consiglio federale aveva deciso di ambire a un seggio nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ciò potrebbe avverarsi nel 2022, visto che finora gli unici due Paesi dell’Europa occidentale che si sono candidati a membri non permanenti per il biennio successivo sono Malta e la Svizzera. Mancano quindi ancora quattro anni alla possibile elezione da parte dell’Assemblea generale dell’Onu, ma la Confederazione si fa già da tempo ‘pubblicità’, sostenendo diversi Paesi e progetti in altri organi internazionali, ricordando che “nel 2022 ci candideremo a membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. Il ‘ministro’ degli Esteri Ignazio Cassis lo scorso mese di maggio aveva criticato l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. E questo aveva sollevato diversi malumori: alcuni media e parlamentari avevano accusato il consigliere federale ticinese di mettere in pericolo proprio la candidatura della Svizzera nel Consiglio di Sicurezza. Cassis in parlamento aveva però subito cercato di gettare acqua sul fuoco sostenendo che nessun Paese aveva avuto nulla da dire in proposito e che entro la fine del 2018 – il ‘Tagi’ parla di quest’autunno – avrebbe presentato al Consiglio federale un rapporto sui vantaggi e gli svantaggi di una simile candidatura. Secondo il quotidiano zurighese non sarebbero però le discutibili dichiarazioni del ‘ministro’ degli Esteri a mettere in pericolo la candidatura elvetica, ma i deputati alle Camere federali. La presidente della Commissione della politica estera del Nazionale Elisabeth Schneider-Schneiter (Ppd/Bl) dubita che ci sia ancora una maggioranza in parlamento favorevole alla candidatura. Dal canto suo il consigliere nazionale Hans-Peter Portmann (Plr/Zh) ha affermato al ‘Tages-Anzeiger’ – sulla base di diversi colloqui con i colleghi – che anche una maggioranza risicata del gruppo parlamentare Plr è contraria alla candidatura. Quest’ultima, in una situazione simile, avrebbe quindi pochissime possibilità di essere accolta dai deputati federali. Ma finora il parlamento non ha mai votato: nel 2011 il Consiglio federale, sotto l’egida dell’allora ‘ministra’ degli Esteri Micheline Calmy-Rey (Ps), aveva preso la decisione autonomamente. Il governo in precedenza aveva consultato le commissioni di politica estera delle due Camere nelle quali la candidatura era stata accolta a larga maggioranza. L’Udc aveva poi richiesto invano in Consiglio nazionale di far votare il parlamento. Oggi è però il deputato Plr Portmann a pretendere che il parlamento possa esprimersi e sono diversi i suoi colleghi di partito che sono critici sulla candidatura: secondo il ‘senatore’ Philipp Müller (Ag) il Consiglio di Sicurezza ha fallito in Siria e nella vicenda sull’annessione della Crimea e questo avrebbe portato diversi parlamentari a cambiare opinione. Dal canto suo, il consigliere agli Stati Damian Müller (Lu) ha sottolineato che la Svizzera in seno all’organo dell’Onu dovrà prendere posizione su conflitti internazionali. E questo metterebbe in pericolo il suo ruolo di mediatore discreto. A questi si aggiunge pure il presidente del Ppd Gerhard Pfister: “Sono sempre stato contrario alla candidatura”, ha affermato al foglio zurighese. Non tutti vedono la candidatura come una cosa negativa per la Confederazione: sempre ieri proprio l’ex consigliera federale Calmy Rey ha rilasciato un’intervista al sito web del ‘Tagi’, nella quale ha affermato che non tutto nel Consiglio di Sicurezza funziona alla perfezione. Ma questo dovrebbe fungere da incentivo per migliorare quest’organo e la Svizzera potrebbe dare il suo contributo come ha già fatto durante la crisi della Crimea. Si tratta pur sempre della sicurezza collettiva, ha aggiunto.
La Svizzera potrebbe occupare una poltrona nel 2023