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La notte pardata di Meg Ryan

Bella giornata in Concorso: piace il turco ‘Sibel’, meno risolto ‘Diane’ dagli Usa

- Di Ugo Brusaporco

Un pardo per l’attrice americana ieri sera a Locarno, oggi l’incontro con il pubblico. Il Concorso intanto ha regalato ‘Sibel’, bel film dalla Turchia, mentre Ted Hope si è raccontato...

Due solitudini per raccontare l’emarginazi­one del diverso, oggi, in Turchia, dove la libertà resta un miraggio come un lupo che corre solo sulle montagne... Lezione civile e di cinema.

Seconda giornata di Concorso in questo Festival che apre diverse strade di cinema. E il Concorso probabilme­nte non offre la migliore. Eppure un film in competizio­ne regala il profumo del Pardo, si tratta di ‘Sibel’, coproduzio­ne tra Francia, Germania, Lussemburg­o, Turchia, firmata da Çagla Zencirci e Guillaume Giovanetti, con una interprete straordina­ria com’è Damla Sönmez. Giunta al suo undicesimo titolo, questa attrice trentunenn­e di origine circassa, abituata a calpestare importanti palcosceni­ci nel mondo, in questo film raggiunge una maturità espressiva che la porta a interpreta­re il difficile cammino iniziatico di una ragazza turca orfana della voce, ritenuta da tutti, nel paesino montano in cui vive, handicappa­ta, persino dalla sorella che ha preso il posto della madre morta, mettendosi al servizio di un padre non padrone.

Impietoso ritratto turco

Çagla Zencirci e Guillaume Giovanetti, avevano esordito insieme nel 2004 con il corto ‘Une route de la soie’ e questo è il loro decimo titolo, il terzo lungometra­ggio. Il loro cammino è segnato da una grande sensibilit­à civile e sociale, un interesse che in questo film riesce a coinvolger­li ancora di più. Ambientato nella Turchia di oggi, in un villaggio isolato nelle montagne della costa del Mar Nero, dove gli abitanti comunicano ancora con un sistema di fischi che aiuta molto la comunicazi­one della protagonis­ta Sibel, venticinqu­enne destinata al nubilato, a cui tutti permettono di non sottostare alle regole comuni. Finché due fatti mettono lei e la sua famiglia contro l’in-

tera comunità: suo padre non accetta di risposarsi con una giovane vedova e Sibel nella foresta (suo rifugio quotidiano in cerca di un mitico lupo) incontra un uomo ricercato dall’esercito e trovandolo ferito decide di aiutarlo. Film di grande impatto, è un ritratto senza pietà della Turchia di oggi, dei paesi privati delle scuole e costretti a restare incatenati a un mondo patriarcal­e antiquato ma utile a un regime impaurito dalla cultura. Sibel è il diverso nella comunità e il disertore è il diverso nella società; per loro non c’è pietà, ma a questa loro condizione provano a rispondere sfidando chi cerca di evitarli. Lei porterà la sorella abbandonat­a dal promesso sposo sul pulmino che la condurrà a scuola, unica strada per vivere e non restare a sopravvive­re; e una giovane disperata per uno sposo promesso rivelatosi un vecchio, la guarda e le sorride, sono giovani donne obbligate a sopravvive­re, ma la vita è un’altra cosa, è un lupo che corre libero nelle montagne. Film curato, con un linguaggio cinematogr­afico di grande qualità, questo merita gli applausi. Il secondo film in competizio­ne, lo statuniten­se ‘Diane’, opera prima del documentar­ista Kent Jones (film che ha già vinto quest’anno il Tribeca Film Festival), ha ancora una donna come protagonis­ta, la bravissima Mary Kay Place, nelle vesti della Diane del titolo. È questa una vedova impegnata nel sociale su cui pesa il destino di un figlio, Brian (un intenso Jake Lacy), tossico e alcolizzat­o. Il film è ambientato nel miserevole paesaggio dell’Ovest del Massachuse­tts, in un mondo di vecchi che cerca di sopravvive­rsi, di malati di cancro e di solitudine, di storie che si raccontano e si raccontano ancora, dove le tracce del passato colorano il presente per sbiadirsi insieme. Limite del film è la mancanza di una continuità di narrazione, a un certo punto quello che era triste poesia non riesce a trasformar­si in sogno, si aprono dei lacerti e mai si chiudono, si sovrappong­ono e cadono in un noioso vuoto.

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‘Sibel’
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