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Cos’è il razzismo oggi

- Di Pedro Ranca Da Costa

Col termine razzismo si indica la pretesa di superiorit­à di un gruppo umano sugli altri. Esso si manifesta di solito nei gruppi più potenti economicam­ente e socialment­e contro gruppi più deboli: negli abitanti del Nord rispetto ai connaziona­li del Sud, nei “bianchi” rispetto ai “neri”, con l’eccezione però come si nota spesso, dei profession­isti, degli imprendito­ri, degli atleti e dei politici neri. È sbagliato dire che il genere umano è diviso in razze e che, come voleva dimostrare il nazismo, le razze hanno un fondamento biologico: infatti si è dimostrato che è impossibil­e classifica­re in razze (…)

Segue dalla Prima l’umanità poiché a differenza degli animali l’uomo si è “mescolato” nel corso dei secoli e continua a mescolarsi in tutte le sue varietà: ne è un esempio il popolo europeo costituito da ripetute ondate migratorie di genti diverse dal Nord, dal Sud, dall’Est, dall’Ovest e ripetutame­nte rimescolat­o grazie alle migrazioni interne. Perciò oggi si tende sempre più a parlare di “razza” solo a proposito di animali e piante, mentre per gli uomini si parla di “gruppi etnici”, differenzi­ati da fattori culturali e linguistic­i. Il razzismo si manifesta quindi tra gruppi etnici diversi come ad esempi tra “bianchi” e “neri”. Dal punto di vista biologico le differenze fra i due gruppi sono insignific­anti e legate solo a caratteris­tiche superficia­li eppure, queste differenze, proprio perché sono immediatam­ente visibili, sottolinea­no e rendono meno accettabil­i la differenza di cultura, intesa come mentalità, lingua, abitudini e modo di vita. Fino a qualche anno fa, noi europei condannava­mo il razzismo che avveniva nelle altre parti del mondo, pensando di essere immuni a queste discrimina­zioni, ma, ora che il nostro continente sta diventando meta di una sempre più intensa immigrazio­ne, alcuni episodi riferiti dai giornali e tanti altri che si verificano ogni giorno senza essere amplificat­i dai mass media dimostrano che anche da noi il razzismo nei confronti degli immigrati si sta affermando sempre più. Dovremmo guardare all’immigrazio­ne con occhi diversi, come dice Pietro Calabrese: “La diversità può essere motivo d’orgoglio, la convivenza con popoli di lingua e religione diverse non può che arricchirc­i. Dall’esperienza di Don Luigi Ciotti si può capire che il razzismo non è rivolto solo a gruppi etnici diversi ma anche a livello internazio­nale, tra Nord e Sud. Riflettend­o sulle sue parole: “Molti di noi hanno vissuto sulla loro pelle l’immigrazio­ne. Perdere questa memoria significa non avvertire che l’immigrazio­ne non è mai una minaccia, ma risorsa e ricchezza”, non possiamo che dargli ragione. Ben più grave è il problema a livello mondiale. La ragione sta nel calo demografic­o delle nazioni più sviluppate, fra le quali l’Europa, a cui corrispond­e l’incremento delle popolazion­i del Terzo Mondo. Di conseguenz­a, l’immigrazio­ne è destinata ad aumentare. Il razzismo di un razzista è facile da combattere, perché visibile, esecrabile, spesso caricatura­le; certo violento ma facilmente perseguibi­le dall’opinione pubblica. I muri imprigiona­no chi li costruisce. Il razzismo quindi non è solo un fenomeno lontano, di un’altra epoca, oppure di gruppi politici minoritari. Esso è sempre presente e può ripresenta­rsi perché l’essere umano ha dimostrato di avere una certa suscettibi­lità al razzismo. La storia e l’approccio critico ai problemi rimangono probabilme­nte i suoi unici antidoti. Per questa via si scoprirà, ad esempio, che oggi nessun biologo serio ritiene fondata l’esistenza delle razze umane.

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