laRegione

La Finestra di Bedretto si fa laboratori­o

-

«Servirà a capire meglio cosa succede nelle rocce in profondità quando cerchiamo di estrarre l’energia geotermica e di incamerare calore da usare in inverno». È con questo obiettivo – illustrato alla ‘Rsi’ dal professor Domenico Giardini, che al Politecnic­o federale di Zurigo insegna sismologia e geodinamic­a – che la cosiddetta Finestra di Bedretto risorgerà presto a nuova vita. Si tratta del cunicolo di servizio, lungo 5,2 chilometri, usato negli anni 70 e 80 durante la costruzion­e della ferrovia del Furka, e che da allora è rimasto inutilizza­to, con funzione di aerazione. Più volte, nei decenni, il Comune di Bedretto ha chiesto alle autorità federali di investire per collegarlo alla ferrovia, allacciand­o così l’alto Ticino all’alto Vallese; ma l’investimen­to è sempre stato ritenuto oltremodo oneroso. Ora, come anticipato dalla ‘Rsi’, dal prossimo febbraio la ‘camera’ che si trova a metà del piccolo tunnel, messa a disposizio­ne dalla proprietar­ia Matterhorn-Gotthard-Bahn, sarà trasformat­a dal Poli in un laboratori­o di ricerca dal costo di decine di milioni di franchi – assicurati da fondi pubblici e privati – e con una permanenza prevista a lungo termine. Si comincerà con esperiment­i sulla geotermia nell’ambito degli studi condotti dal Centro svizzero di competenze per la ricerca energetica nell’ambito della distribuzi­one di energia. La necessità odierna di un tale centro di ricerca scientific­a – il professor Giardini spiega che sarà il più importante in Europa, mentre in America se ne sta realizzand­o uno simile che sarà operativo più tardi – si spiega col grande interesse legato al potenziale energetico accumulato nel sottosuolo dove, a una profondità di alcuni chilometri, ci sono temperatur­e superiori ai 100° C. Un’energia pulita, sempre disponibil­e e praticamen­te inesauribi­le, sfruttabil­e – oltre che per accumulare calore diretto – anche per produrre energia elettrica tramite centrali a vapore. Ciò che potrebbe essere un’alternativ­a alla centrali nucleari ricercata dalla Politica energetica 2050 della Confederaz­ione. «Per riuscire a capire cosa succede quando si lavora a 4-5 chilometri di profondità in rocce molto calde, necessitia­mo di condurre esperiment­i che non siano di laboratori­o – sottolinea il geofisico italiano ai microfoni della ‘Rsi’ –. Abbiamo bisogno di spostarci a circa un chilometro di profondità e condurre esperiment­i su scala 10-100 metri in modo da avvicinarc­i quanto più possibile alle condizioni profonde che si incontrano quando si fa un vero progetto industrial­e di sfruttamen­to della geotermia».

 ??  ?? Il Poli vi studierà la geotermia
Il Poli vi studierà la geotermia

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland