La risposta del Ps a Meyer: ‘Soluzioni, non minacce’
«Se discutiamo troppo a lungo a proposito di quale area utilizzare, a un certo punto le Ffs dovranno valutare altre possibilità, se non possiamo trovarla in Ticino». Continuano a far discutere le parole pronunciate giovedì dal Ceo delle Ffs, Andreas Meyer, in merito all’ubicazione delle nuove officine. E le reazioni non si sono fatte attendere. In due comunicati diffusi ieri dal titolo “Servono soluzioni durature e condivise, non minacce!”, il
Partito socialista cantonale e quello di Bellinzona confidano che le Ffs “creino le condizioni migliori per lavorare in un clima di collaborazione e non di tensione, nell’interesse di tutte le parti coinvolte”. Il Ps, secondo cui l’attuale progetto “presenta ancora criticità da risolvere in maniera costruttiva”, evidenzia “la necessità di rafforzare la fase di transizione, ossia il passaggio dalle attuali officine al nuovo stabilimento, per garantire più posti di lavoro di quelli ipotizzati finora”. Il Ps ritiene che questo sia possibile, “trasferendo nelle nuove officine le attività legate alla manutenzione dei treni merci”, e non solo dei treni Giruno e dei convogli Etr 610 come previsto, con i dipendenti che passerebbero dagli attuali 350 a meno di 200. Secondo il Ps, inoltre, “va creato un forte e condiviso consenso volto a ottenere finalmente anche per il nostro Cantone un Innopark indipendente legato direttamente alla Confederazione. Questo potrà dare le sufficienti garanzie per un solido futuro del nuovo polo tecnologico a Bellinzona previsto su parte del sedime attuale delle officine”. L’aspetto della riduzione del personale è stato oggetto di critiche anche da parte dell’associazione Forum Alternativo. “Il piano prevede il taglio della metà dei posti di lavoro – si legge nel comunicato –. E ciò in un Cantone dove tra disoccupati e crescenti iscritti all’assistenza pubblica siamo ormai attorno al 10%”. Diversi gli attacchi a Meyer che, “dai tempi dello sciopero delle officine non si è mai attenuto agli accordi presi coi lavoratori e con l’autorità politica”, superandosi imponendo alla politica ticinese di darsi una mossa. “E questo in barba all’iniziativa popolare firmata da 15mila cittadini” e al fatto che le Ffs, essendo un servizio pubblico, “dovrebbero essere componente essenziale della struttura democratica”.