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La Navigazion­e è diventata ‘un thriller’

Alza nuovamente la voce il fronte sindacale. I marinai ex-Nlm denunciano difficoltà lavorative e disservizi.

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“Se questo non è un film di Hitchcock, con tutto il carico di ansia e di angoscia per i protagonis­ti e per le loro famiglie, poco ci manca”. Nei giorni del Locarno Festival, ha i toni del miglior thriller il nuovo appello dei sindacati per la vicenda mai chiusa dei marinai ex-Navigazion­e Lago Maggiore (Nlm). Un appello congiunto firmato da Sev (Angelo Stroppini), Unia (Enrico Borelli) e Ocst (Graziano Cerutti).

‘La realtà va in senso opposto’

“Nonostante Cantone e azienda abbiano finalmente dato un segnale per un incontro”, recita l’ultimo comunicato, “le maestranze vivono nell’angoscia permanente”. Nell’attesa di poter discutere dei propri salari – che dal 1° gennaio 2019 sarebbero “quelli previsti dalla scala salariale del Regolament­o aziendale Snl”, dunque con riduzioni quantifica­bili “attorno al 15% e oltre” – i marinai “trovano il coraggio di denunciare anche le disfunzion­i del servizio”, che “il Consorzio avrebbe dovuto migliorare, ma la realtà va in senso diametralm­ente opposto”. Nel documento si segnalano gli scali di Gerra, Ranzo e Vira “ancora chiusi”, la “mancanza del servizio all’utenza” in Gambarogno e a Magadino “problemi di comunicazi­one con i bus per informare sulle coincidenz­e”. A San Nazzaro “ci potrebbero essere problemi di sicurezza con la vicinanza del Lido, non essendoci più una presenza a terra in grado di avvisare i natanti su possibili pericoli. Sono inoltre state soppresse delle facilitazi­oni finanziari­e per l’utenza”.

Preoccupaz­ioni quotidiane

Oltre a tutto ciò, è il quotidiano dei marinai a preoccupar­e: “Consegna tradiva dei piani di lavoro, mancato pagamento delle trasferte aziendali, irregolari­tà nel pagamento della differenza salariale versata con denaro pubblico e improvvisi cambiament­i dei turni legati a una pianificaz­ione lacunosa”. I sindacati parlano di “vicolo cieco”, provocato, secondo gli stessi, dal tentativo del datore di lavoro “di imporre unilateral­mente la sua visione rifiutando ostinatame­nte le dinamiche del partenaria­to sociale”.

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