Spazio reale e immaginato
Il cinema contribuisce non poco a creare il nostro immaginario collettivo, come noi percepiamo la realtà. Pensiamo a città come New York e Parigi: quanto le conosciamo direttamente e quanto, invece, attraverso i film che, soprattutto quelli di finzione, ci restituiscono un territorio non necessariamente vincolato dalla realtà. Ecco che i film ambientati – anche se non necessariamente girati – in Ticino possono diventare una chiave per una inedita esplorazione del territorio cantonale. Un esercizio interessante che troviamo nel numero della rivista ‘Archi’ non a caso presentato ieri a Locarno. Sara Groisman, cocuratrice del numero insieme a Gabriele Neri, ci porta quindi nel Ticino idilliaco che troviamo in varie pellicole. Un territorio isolato dalla modernità che – a seconda dei riferimenti culturali – possiamo ricollegare a Heidi o alla ‘Montagna incantata’ di Mann presente non solo in film di registi stranieri come Dario Argento (‘Opera’, 1987) o Francis Ford Coppola (‘Un’altra giovinezza’, 2007) ma anche in opere svizzere – ‘Rider Jack’ di This Lüscher del 2015 –, dal momento che il Ticino è percepito, nel resto della Svizzera, come una sorta di “riserva indiana” di quei valori, o meglio di quegli stereotipi bucolici con cui nell’Ottocento si è costruita l’immagine turistica elvetica e che era rimasto nella cinematografia fino agli anni Sessanta con l’avvento del Nuovo cinema svizzero. Con l’eccezione, appunto, del Ticino, nell’immaginario collettivo, ancorato al passato rurale. Diverso, ovviamente, l’approccio dei registi legati al Ticino come Villi Hermann, Mohammed Soudani o Niccolò Castelli, nelle cui opere troviamo un territorio in trasformazione, più vicino alla realtà, e alle sue contraddizioni, che alle cartoline turistiche. Castelli, presente alla conferenza stampa di ieri, è tra l’altro vicepresidente della Ticino Film Commission che ha tra le mansioni proporre location a registi. Dal cinema che guarda il territorio, al territorio che guarda il cinema, ‘Archi’ ospita anche un interessante contributo sugli spazi del festival di Locarno, rileggendo la storia della kermesse attraverso le strutture esistenti e quelle solo progettate. Punto centrale, ovviamente, la Piazza Grande “sala cinematografica urbana” voluta da Livio Vacchini nel 1971, una rivoluzione non solo per il cinema ma anche per il modo di concepire lo spazio urbano. Info: