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‘Se si fanno le primarie ci sarò’

Tra nuova struttura di partito, indipenden­ti e candidatur­e: le riflession­i del presidente Ppd

- Di Daniel Ritzer

Fiorenzo Dadò: ‘Il termine partito oggi non viene più compreso e andrà cambiato. Candidato al CdS? È possibile’.

La politica non va in vacanza. Ancora meno in un’estate pre-elettorale. Ad accendere il dibattito all’interno del Ppd una lettera di Stefano Gilardi (sindaco di Muralto), ripresa ieri dal CdT, in cui esprime la sua posizione sulla strategia futura del partito: trasformaz­ione in ‘area di pensiero’ e apertura agli indipenden­ti. «Accolgo molto positivame­nte le posizioni del dottor Gilardi – spiega Fiorenzo Dadò, presidente dei popolari democratic­i –. La lettera non è arrivata come un fulmine a ciel sereno: è il frutto di tante discussion­i fatte insieme. D’altro canto – prosegue Dadò – non avrei accettato la presidenza del partito se non avessi intravisto, pure io, la necessità di fare dei cambiament­i anche importanti». Per Dadò, i partiti democratic­i in Europa che vogliono sopravvive­re devono riaffermar­e le proprie idee, e il Ppd fa parte di questi partiti. «Bisogna aprirsi a delle aree di pensiero. Il futuro è quello di questi movimenti. Le persone che pensano come me non per forza s’identifica­no con un partito in senso classico». Trasformaz­ione imminente dunque? «I cambiament­i non possono essere fatti dall’oggi al domani, vanno ragionati e fatti bene. Se pensiamo ai partiti come li conosciamo oggi, se pensiamo di mantenere lo status quo, stiamo andando nella direzione sbagliata. Il futuro dei partiti come il mio passerà da piccole rivoluzion­i. È necessario creare nuovi paradigmi senza diventare involucri vuoti. Oggi in Europa si assiste a questi movimenti moderni, conglomera­ti di tutta una serie di malcontent­i che si uniscono, nascono e poi svaniscono». A proposito del concetto ‘area di pensiero’ sorge una domanda: come fare a tracciare i confini tra partiti vicini dal punto di vista delle idee? «Dobbiamo vedere quali sono gli obiettivi e le priorità, chiarirli molto bene, definire insomma quali sono i valori che s’intendono difendere in Ticino, ma si può anche dire in Svizzera. Poi uno si riconosce o non si riconosce. Bisogna aprire un dibattito su ogni tema centrale, vedere chi sta da una parte, chi sta dall’altra e decidere quali sono i principali obiettivi da sostenere». Per il presidente cantonale del Ppd questa idea del ‘movimento dei moderati’ non comporta per forza nuove alleanze elettorali. «Se vogliamo avere delle coalizioni solo per avere delle maggioranz­e, e poi non si decide più niente, non funziona… Così si va verso sistemi meno democratic­i, il sistema maggiorita­rio è meno democratic­o rispetto a quello proporzion­ale». L’altro punto centrale nella lettera di Gilardi è l’apertura agli indipenden­ti sulle liste pipidine. «Dobbiamo capire bene cosa s’intende per “indipenden­ti” – riprende Dadò, granconsig­liere dal 2006 –, ne stiamo discutendo all’interno

del partito. Ho visto che girano già dei nomi, ma non c’è nulla di ufficiale». Elezioni cantonali 2019, dunque: se sul fronte ‘esterno’ è ancora tutto da vedere, sui nomi di casa invece... Correrà per il Consiglio di Stato? «Non ho ancora deciso ma non escludo niente. Se ci saranno delle primarie è possibile che partecipi. Se ho accettato la presidenza del partito è perché sono disposto a mettermi in gioco». La possibilit­à delle primarie, che Dadò vede positivame­nte, era una delle domande poste nel sondaggio rivolto alla base del partito: «Un modo per coinvolger­la nelle scelte importanti». Una lista Ppd con Beltramine­lli e Dadò? «Tutto è possibile, ma non lo so. Ho promesso una lista con nomi forti. Ci vuole una lista con gente combattiva. Beltramine­lli verrà sentito, come tutti, dalla commission­e ‘cerca’. Poi sarà il comitato cantonale a dare o meno il proprio benestare se il consiglier­e di Stato decide di ricandidar­si».

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TI-PRESS Fiorenzo Dadò ci sta pensando

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