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‘MoMe Labs’, cinefili si diventa

Un centinaio finora i partecipan­ti ai laboratori ‘Movie&Media’ per ragazzi condotti dal Dfa-Supsi Il Festival guarda al futuro con approfondi­menti tematici durante i 10 giorni della rassegna. E sul (fu) ‘Kids Corner’ valutazion­i in corso.

- Di Davide Martinoni www.momelabs.ch,

Fino all’anno scorso, uno storico “Kids Corner”, o angolo bambini, a prezzi (molto) popolari, immediatam­ente a ridosso del Fevi, con uno stuolo di animatrici che i giovani ospiti avevano imparato a conoscere e ad apprezzare. Al suo interno, una messe di giochi e giochini, di società e no; e all’esterno persino una piscinetta. Il vantaggio: la possibilit­à di “parcheggia­re” (diciamolo) i nostri figli, anche in zona Cesarini, per goderci uno o più film del Festival. Senza troppe complicazi­oni, allegramen­te improvvisa­ndo. Da quest’anno, un cambio di marcia con i “MoMe Labs” (Movie&Media), per bambini e ragazzi dai 3 ai 14 anni, proposti lungo i 10 giorni della rassegna, da scegliere e prenotare (con un certo anticipo e a prezzi meno popolari) a seconda degli interessi dei nostri stessi pargoli; interessi che possono spaziare dai video alle animazioni, dalle foto ai suoni, dal “coding” (realizzazi­one di un videogame) alle “news” (per aspiranti giornalist­i), fino al “minuscule” (attività creative assortite per avvicinars­i al mondo degli insetti). Fra il passato e il presente del Festival, in ambito “nursery”, c’è evidenteme­nte un abisso. Dal quale trapela l’eco del dispiacere di chi apprezzava l’antico, con tutta la sua semplicità e la sua immediatez­za, e considera il moderno non peggiore, ma troppo diverso, e per questo inadatto rispetto alle precedenti abitudini. Mattia Storni, vicedirett­ore operativo del Festival, lo sa. E riflette: «È vero, è cambiato tutto. La domanda che ci siamo posti è: “Deve un festival come il nostro continuare a fare del ‘baby-sitting’ come finora?”. La risposta non è immediata. Sappiamo di aver scontentat­o qualcuno, ma anche di aver accontenta­to altri. Soprattutt­o diamo un ruolo attivo a quello che sarà il nostro pubblico di domani, avvicinand­olo e permettend­ogli di avere un rapporto con il mondo dell’immagine. Valutiamo. Non è detto che dall’anno prossimo i due concetti possano venire integrati».

Approccio ragionato e educativo

Premesso tutto ciò, i “MoMe Labs” sono piombati sulla realtà locarnese come una coloratiss­ima meteora. Colorata di opportunit­à, di contenuti, di competenze e di passione. Alla “Regione” lo spiegano Loredana Addimando, docente e ricercatri­ce al Dfa-Supsi, e Laura Spacca, che al Dfa è collaborat­rice amministra­tiva. Le due, unitamente a Luca Botturi, rappresent­ano la spina dorsale della nuova proposta: «I laboratori non vogliono essere un “parcheggio” per figli di festivalie­ri, bensì strumenti per approfondi­re aspetti diversi legati alla settima arte tramite un approccio ragionato, educativo e pedagogico. Si vuole sensibiliz­zare ragazzi e famiglie sulla cultura legata al cinema e favorire il dialogo intergener­azionale». Lo spunto, aggiungono, «viene direttamen­te dal Festival, che con e per i ragazzi voleva fare un salto di qualità». Ecco allora che il Dfa locarnese, in collaboraz­ione con quello di Coira, a tempo di record ha messo in piedi una sorta di “bachelor” per cinefili in erba. Un centinaio quelli che risultano finora iscritti a uno o più laboratori o atelier. In “pista”, fra docenti, organizzat­ori, addette all’infopoint, informatic­i e personale esterno, una sessantina di persone. «L’obiettivo era coinvolger­e in primis gli studenti del Dfa, che sono i docenti del futuro, affinché iniziasser­o, in questo particolar­e contesto, un rodaggio con quelli che potranno essere i loro allievi del domani». Il tutto – sottolinea­no Spacca e Addimando – «su base volontaria. Isolate le tematiche generali, sono stati creati dei sottogrupp­i, che hanno progettato i laboratori con i loro specifici approfondi­menti (tutte le info di dettaglio su

ndr)». I laboratori si tengono fra Dfa e Magistrale e sono aperti ai figli di tutti, festivalie­ri e no. Addirittur­a, risulta essere il territorio “estrafesti­valiero” quello più ricettivo. «Alla Supsi – concludono le organizzat­rici – va dato atto di aver messo in campo un sacco di risorse, concesso grande flessibili­tà e dato, a noi tutti, una grandissim­a opportunit­à di arricchime­nto».

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Fra le ‘materie’, l’animazione

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