‘MoMe Labs’, cinefili si diventa
Un centinaio finora i partecipanti ai laboratori ‘Movie&Media’ per ragazzi condotti dal Dfa-Supsi Il Festival guarda al futuro con approfondimenti tematici durante i 10 giorni della rassegna. E sul (fu) ‘Kids Corner’ valutazioni in corso.
Fino all’anno scorso, uno storico “Kids Corner”, o angolo bambini, a prezzi (molto) popolari, immediatamente a ridosso del Fevi, con uno stuolo di animatrici che i giovani ospiti avevano imparato a conoscere e ad apprezzare. Al suo interno, una messe di giochi e giochini, di società e no; e all’esterno persino una piscinetta. Il vantaggio: la possibilità di “parcheggiare” (diciamolo) i nostri figli, anche in zona Cesarini, per goderci uno o più film del Festival. Senza troppe complicazioni, allegramente improvvisando. Da quest’anno, un cambio di marcia con i “MoMe Labs” (Movie&Media), per bambini e ragazzi dai 3 ai 14 anni, proposti lungo i 10 giorni della rassegna, da scegliere e prenotare (con un certo anticipo e a prezzi meno popolari) a seconda degli interessi dei nostri stessi pargoli; interessi che possono spaziare dai video alle animazioni, dalle foto ai suoni, dal “coding” (realizzazione di un videogame) alle “news” (per aspiranti giornalisti), fino al “minuscule” (attività creative assortite per avvicinarsi al mondo degli insetti). Fra il passato e il presente del Festival, in ambito “nursery”, c’è evidentemente un abisso. Dal quale trapela l’eco del dispiacere di chi apprezzava l’antico, con tutta la sua semplicità e la sua immediatezza, e considera il moderno non peggiore, ma troppo diverso, e per questo inadatto rispetto alle precedenti abitudini. Mattia Storni, vicedirettore operativo del Festival, lo sa. E riflette: «È vero, è cambiato tutto. La domanda che ci siamo posti è: “Deve un festival come il nostro continuare a fare del ‘baby-sitting’ come finora?”. La risposta non è immediata. Sappiamo di aver scontentato qualcuno, ma anche di aver accontentato altri. Soprattutto diamo un ruolo attivo a quello che sarà il nostro pubblico di domani, avvicinandolo e permettendogli di avere un rapporto con il mondo dell’immagine. Valutiamo. Non è detto che dall’anno prossimo i due concetti possano venire integrati».
Approccio ragionato e educativo
Premesso tutto ciò, i “MoMe Labs” sono piombati sulla realtà locarnese come una coloratissima meteora. Colorata di opportunità, di contenuti, di competenze e di passione. Alla “Regione” lo spiegano Loredana Addimando, docente e ricercatrice al Dfa-Supsi, e Laura Spacca, che al Dfa è collaboratrice amministrativa. Le due, unitamente a Luca Botturi, rappresentano la spina dorsale della nuova proposta: «I laboratori non vogliono essere un “parcheggio” per figli di festivalieri, bensì strumenti per approfondire aspetti diversi legati alla settima arte tramite un approccio ragionato, educativo e pedagogico. Si vuole sensibilizzare ragazzi e famiglie sulla cultura legata al cinema e favorire il dialogo intergenerazionale». Lo spunto, aggiungono, «viene direttamente dal Festival, che con e per i ragazzi voleva fare un salto di qualità». Ecco allora che il Dfa locarnese, in collaborazione con quello di Coira, a tempo di record ha messo in piedi una sorta di “bachelor” per cinefili in erba. Un centinaio quelli che risultano finora iscritti a uno o più laboratori o atelier. In “pista”, fra docenti, organizzatori, addette all’infopoint, informatici e personale esterno, una sessantina di persone. «L’obiettivo era coinvolgere in primis gli studenti del Dfa, che sono i docenti del futuro, affinché iniziassero, in questo particolare contesto, un rodaggio con quelli che potranno essere i loro allievi del domani». Il tutto – sottolineano Spacca e Addimando – «su base volontaria. Isolate le tematiche generali, sono stati creati dei sottogruppi, che hanno progettato i laboratori con i loro specifici approfondimenti (tutte le info di dettaglio su
ndr)». I laboratori si tengono fra Dfa e Magistrale e sono aperti ai figli di tutti, festivalieri e no. Addirittura, risulta essere il territorio “estrafestivaliero” quello più ricettivo. «Alla Supsi – concludono le organizzatrici – va dato atto di aver messo in campo un sacco di risorse, concesso grande flessibilità e dato, a noi tutti, una grandissima opportunità di arricchimento».