Inquietudine a Locarno
In Concorso due film, fra cui quello dello svizzero Thomas Imbach Pur senza convincere, non mancano d’interesse i sentimenti incestuosi raccontati dal regista elvetico. Meglio ‘M’, film duro che ci porta nella comunità più conservatrice d’Israele, segnat
Strana giornata in Concorso con due film lontanissimi come concezione e idea di cinema. Uno è lo svizzero ‘Glaubenberg’ di Thomas Imbach, l’altro il francese ‘M’ firmato da Yolande Zauberman. Iniziamo da quest’ultimo. La regista, nata in Francia da una famiglia di ebrei aschenaziti, ci porta in Israele, nella decima città di quel Paese: Bnei Brak, alle porte di Tel Aviv, che è anche la città più povera, abitata esclusivamente da ebrei haredim, un tempo definiti ultraortodossa, i cui appartenenti oggi vengono bollati dagli stessi israeliani come “i neri” (ebraico: “shechorim”), riferimento denigratorio ai loro vestiti scuri. Il motivo che ha portato la regista francese a Bnei Brak è stato una denuncia di pedofilia e sodomia all’interno della società locale.
Silenzio e pedofilia a Bnei Brak
Yolande Zauberman è stata accompagnata dall’attore e cantante Menahem Lang, nato, cresciuto e violentato fin da bambino nella città, che giovanissimo lasciò per non farsi prendere da un giro vizioso che vede i bimbi violentati diventare a loro volta adulti violentatori. Con lui, il film entra in un mondo del tutto particolare, scevro da ogni modernità, proletariamente prolifico, dominato da leggi rabbiniche che negano il piacere. Qui incontrano altri adulti che hanno subito violenza e insieme trovano un muro di gomma, impenetrabile nonostante le confessioni; qui non c’è la polizia e non ci sono delinquenti, qui il rabbino decide tutto, anche di insabbiare i casi.
‘M’ è ritmato dalle voci continue e martellanti dei testimoni e dei racconti di Lang, insieme ai suoi canti che mai rinnegano la tradizione del suo popolo. Un popolo chiuso che qualche rabbino prova oggi ad aprire al mondo, perché i giovani già sognano Angelina Jolie, perché vogliono la luce accesa quando fanno all’amore. Forte e duro, civile – ‘M’ fin dal titolo sembra richiamare il film di Fritz Lang ‘M - Eine Stadt sucht einen Mörder’ – ha il peso di una forte superiorità delle parole sulle immagini, un peso da pagare vista l’intensità del detto. Il film doveva essere a Cannes, ma non fu terminato in tempo, l’averlo a Locarno è prezioso gioiello.
L’incesto secondo Imbach
‘Glaubenberg’ non è a questo livello, è un’opera interessante, forse un po’ sopra le righe dal punto di vista narrativo, ma ben girata, nonostante qualche lieve caduta. Thomas Imbach, regista di Lucerna, è alla sua terza presenza in Concorso a Locarno, dove non ha mai vinto, mentre è sempre stato premiato nelle sue tre presenze a Zurigo. In questo film si ispira ai famosi incesti ovidiani, con l’amore morboso e fortemente sessuale della sedicenne Lena per il fratello Noah. Un punto debole del film sono proprio i 16 anni che Zsofia Körös (Lena) non dimostra, sembrando più adulta e togliendo peso a tante situazioni. Questa sua apparente maturità ci consegna una figura poco credibile, soprattutto nei confronti del fratello, e la sua ossessione diventa più patologica che fatalmente fanciullesca. Come in un pas de deux, Francis Benjamin Meier, il fratello amato del film, si trova a fare da porteur e nel suo lavoro è sempre puntuale e preciso, come la sua controfigura, Nikola Sosic, nella parte di Enis, un ragazzo in cui Lena vuole vedere il fratello. Non è ‘L’amore del nostro tempo’ di Tommaso Landolfi, né la seconda parte dell’‘Uomo senza qualità’ di Musil, quando Ulrich e Agathe si ritrovano, ma il film merita lo stesso un applauso.