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Burqa, multe rare. Gobbi: ‘Ma la legge non è inutile’

Le infrazioni per volto coperto riguardano soprattutt­o gli hooligans

- Di Chiara Scapozza

«Dire che il problema non c’è perché c’è un numero basso di casi non significa dire che la legge è inutile». Perché se a due anni dall’entrata in vigore della normativa sulla dissimulaz­ione del volto negli spazi pubblici, più conosciuta come ‘legge antiburqa’, le infrazioni restano “numericame­nte rare”, l’abrogazion­e non entra in linea di conto. «A mio modo di vedere – argomenta Norman Gobbi, direttore del Dipartimen­to delle istituzion­i – è stato un atto voluto dal popolo e di conseguenz­a correttame­nte applicato dalle autorità con la legge cantonale e, in ambito operativo, dai Comuni tramite le polizie comunali». Le procedure avviate sono state 37, principalm­ente da ricondurre agli ‘hooligans’. «Dunque persone che intendono sottrarsi al riconoscim­ento con altre finalità che non sono quelle di far valere la propria cultura», rileva Gobbi. Eppure la legge trae origine proprio dalla campagna ‘antiburqa’ avviata a suo tempo dal promotore dell’iniziativa popolare Giorgio Ghiringhel­li. I numeri limitati e gli ammoniment­i solo verbali denotano difficoltà per le polizie comunali nel dare le multe? «Se qualcuno con un burqa passeggia in centro a Lugano le segnalazio­ni arrivano seduta stante. L’attenzione c’è – osserva il direttore del Di – perché evidenteme­nte al cittadino disturba il fatto che ci siano delle regole e che queste non vengano rispettate. Poi nell’attuazione è importante avere un approccio costruttiv­o, ossia evitare che le situazioni si riproponga­no». Uno “scoraggiar­e” che, stando alle cifre rese note dal Di, non sembra essere raggiunto dall’altra legge entrata in vigore due anni fa, quella sull’ordine pubblico. Almeno per quanto attiene alle procedure avviate per accattonag­gio: ben 868. «L’effetto deterrente inizia dalla raccolta dei dati: tutti vengono registrati – spiega Gobbi –. Se una persona viene fermata più volte, scattano anche le misure amministra­tive, come il divieto d’entrata. Il fenomeno infatti è transfront­aliero ed è innegabile che se queste persone arrivano sul nostro territorio è perché qualcuno dà loro dei soldi per farlo: sono dunque individui alla mercé dello sfruttamen­to e quanto raccolgono in Ticino solitament­e non resta nelle loro tasche, bensì finisce in quelle di chi gestisce queste organizzaz­ioni, con sede operativa nella metropoli milanese». Dicevamo però dell’effetto deterrente della legge... «Oltre alla raccolta dati, occorre continuare a “martellare” contro questo fenomeno, che è molto più strutturat­o di quanto noi possiamo immaginare, come ci conferma anche la polizia italiana. Un certo lassismo, quindi, avrebbe un effetto dilagante». In totale le infrazioni alle norme sull’ordine pubblico sono state 1’319. Oltre di accattonag­gio, si tratta di casi di disturbo della quiete (133), di imbrattame­nto di beni pubblici (102) e di animali vaganti (77). Più rare le multe per ‘littering’ (rifiuti gettati a terra anziché nei cestini), con sole 38 sanzioni.

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