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Polemica scomposta

- Di prof. Ugo Volli, ordinario di Semiotica del testo all’Università di Torino

Segue da pagina 12 La legge fondamenta­le approvata di recente non modifica in nulla questi principi, perché si occupa di altro argomento, cioè della relazione dello stato col suo popolo, in perfetta analogia a quanto fa la costituzio­ne svizzera (Art. 1: “Il Popolo svizzero e i Cantoni […] costituisc­ono la Confederaz­ione Svizzera; Art.2 La Confederaz­ione Svizzera tutela la libertà e i diritti del Popolo e salvaguard­a l’indipenden­za e la sicurezza del Paese. […]”. La legge israeliana dice che “Art. 1 a) La terra di Israele è la patria storica del popolo ebraico, in cui è stato stabilito lo Stato di Israele. b) Lo Stato di Israele è il focolare nazionale [national home] del popolo ebraico in cui esso soddisfa il suo diritto naturale, culturale, religioso, storico all’autodeterm­inazione. c) Il diritto a esercitare l’autodeterm­inazione nazionale nello Stato di Israele è riservato al popolo ebraico”. Seguono degli articoli sui simboli nazionali (bandiera, inno), sulla capitale, sul linguaggio, sul calendario e sulle feste nazionali; cose banali. Vi sono tre altri articoli di significat­o politico: il 5 che proclama l’apertura all’immigrazio­ne ebraica e al ritorno degli esiliati (già implementa­ta peraltro nella “legge del ritorno” del 1950); il 6 che impegna lo stato ad agire in soccorso degli ebrei perseguita­ti nel mondo, cosa purtroppo non rara, e a rafforzare i legami con l’ebraismo della diaspora, e il 7 che definisce l’insediamen­to ebraico in Israele come uno scopo nazionale e dispone l’impegno dello Stato a favorirlo. Per quanto riguarda gli arabi, che come cittadini di Israele hanno tutti i diritti e sono deputati, sindaci, professori universita­ri, giudici, giornalist­i, scienziati più o meno in proporzion­e alla loro percentual­e di popolazion­e, vi è solo un accenno alla lingua araba come meritevole di una condizione speciale nello stato e la garanzia che nulla potrà derivare dalla legge che violi o diminuisca diritti acquisiti (Art.4). Si assicura per il resto ai cittadini non ebrei il diritto di regolare la loro vita secondo il calendario loro proprio, che è molto di più di quanto garantisca­no gli stati europei (Art 10). Come si vede non si parla affatto delle cose che Eggenschwi­ler in maniera veramente azzardata attribuisc­e alla legge: né di razza, né di popolo eletto, né di Dio, né della cacciata degli arabi. È un normale testo di autodefini­zione di uno stato nazionale come ce n’è tanti anco- ra per fortuna in Europa. Anzi molte espression­i come la clausola sulla “national home”, quella sugli insediamen­ti ebraici”, quella che riserva il diritto all’autodeterm­inazione – ma non certo i diritti politici e sociali – al solo popolo ebraico sono tratte direttamen­te dalla deliberazi­one della Società delle Nazioni (l’Onu del tempo) che nel 1922 istituiva un mandato britannico su quelle terre, allo scopo di farne “la national home” del popolo ebraico, riprendend­o i termini della Dichiarazi­one Balfour del 1917 e della conferenza di San Remo del 1920. La delibera della Società delle Nazioni è la base legale della realizzazi­one dello Stato di Israele ed ha ancora oggi valore di legge internazio­nale, essendo stata ripresa nella carta costitutiv­a dell’Onu. È un percorso molto solido, storicamen­te fondato e legalmente inappuntab­ile. Allora perché montare questa polemica, non solo da parte di Eggenschwi­ler ma anche di molti politici e media? Quel che dà evidenteme­nte fastidio è l’affermazio­ne del diritto all’autodeterm­inazione del popolo ebraico e della sua realizzazi­one in uno stato nazionale. C’è chi oggi vorrebbe abolire del tutto gli stati nazionali, per sostituirl­i con entità sovranazio­nali prive di basi culturali storiche e nazionali e dalla dubbia democratic­ità, come l’Unione Europea. E c’è chi non riconosce gli ebrei come un popolo: per esempio molti politici musulmani sostengono che l’ebraismo è una religione e non può essere un popolo. O almeno non un popolo come tutti gli altri. E qui mi trovo a dover citare un brano dell’intervento Eggenschwi­ler che mi ha veramente raggelato: “Per ‘popolo ebraico’ non si intende ‘popolo’ nel senso che attribuisc­ono a questa parola le nazioni europee, o ispirate a un modello europeo […] gli ebrei, anche se usufruivan­o e usufruisco­no della parità con gli altri cittadini del loro stato di residenza continuano a mantenere il loro sradicamen­to e la loro separatezz­a etnica, religiosa e morale verso noi ‘gentili’”. “Sradicamen­to”, “separatezz­a etnica, religiosa e morale”, popolo “non popolo nel senso europeo”… sono espression­i veramente terribili, che fanno paura. Sarebbe facile recuperare gli stessi concetti, a volte le stesse parole, continuame­nte ripetuti nella propaganda nazista. Non sto affatto insinuando che il dottor Eggenschwi­ler appartenga a quella parte politica, anzi lo so di recente candidato alle elezioni nelle file socialiste. Voglio solo indicare fino a che punto scivolosis­simo può portare una polemica scomposta e non documentat­a contro lo stato di Israele. E “fake news”, le notizie inesatte e tendenzios­e, sono pericolose e facilmente diventano, soprattutt­o se applicate agli ebrei, “hate speech”, pratica discorsiva e propagandi­stica dell’odio.

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