Dalla canapa al rogo, ai permessi taroccati... Inchieste e pubblicazioni. Gobbi: magistrato di valore
Numerosi i casi penali finiti sotto la lente di Antonio Perugini nei quasi trent’anni di attività in veste di magistrato inquirente. Il suo nome è legato in particolare a tre grosse inchieste. La prima era scattata nel 2003 e riguardava le coltivazioni abusive di canapa e relativo commercio. Perquisizioni, sequestri, fermi. Era l’operazione antidroga battezzata ‘Indoor’, che non risparmiò neppure la rete di società, gestite anche da persone con ruoli pubblici, che da quel commercio traevano importanti profitti. Allora erano decine e decine in Ticino i punti vendita di canapa con un tenore di Thc particolarmente elevato. La seconda grande inchiesta cui è legato il nome di Perugini è quella sul tragico incendio nel 2001 nel tunnel autostradale del San Gottardo (undici morti). Un’inchiesta complessa, anche per i non pochi aspetti di carattere tecnico da esaminare. Gli insegnamenti ricavati da quell’indagine e da altri episodi analoghi hanno portato Perugini e il professor Jean-Claude Martin, uno dei massimi esperti scientifici al mondo in materia di roghi, a scrivere un libro, pubblicato nel 2015, su origine e dinamica degli incendi dei veicoli pesanti nelle principali gallerie a una sola canna bidirezionale dell’arco alpino. La terza grossa inchiesta coordinata da Perugini è quella sul giro di permessi taroccati, alimentato da mazzette, che ha coinvolto anche alcuni collaboratori dell’Ufficio cantonale della migrazione. «Con l’inchiesta sul tragico rogo nel tunnel del San Gottardo Perugini ha messo a disposizione della comunità internazionale scientifica la sua esperienza e le sue conoscenze – sottolinea il capo del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi –. Con le sue dimissioni, la Procura perde un magistrato di valore. Uno dei miei auspici è che al Ministero pubblico entrino anche persone che hanno già maturato esperienze giuridiche in altri settori, come è stato proprio il caso di Perugini». Commenta Maurizio Agustoni, capogruppo Ppd in parlamento: «Perugini è stato un pilastro del Ministero pubblico e quindi rivolgo un pensiero di riconoscenza nei suoi confronti. Ha saputo assumere posizioni anche molto profilate su dossier non facili, come quello della canapa. Andando oltre i risvolti penali, impegnandosi in campagne di sensibilizzazione non per forza popolari». Ma come partito non avete nulla da rimproverarvi, considerato che per la nomina a pg il Gran Consiglio gli ha preferito Pagani? Non è stato un po’ ‘bruciato’? «Non ci sono rimproveri, potrebbe esserci casomai un rammarico. Noseda andava in pensione e Perugini aveva tutte le carte in regola per subentrargli. È stato il candidato ritenuto più idoneo dalla commissione d’esperti. Ora però il pg è Pagani e a lui vanno dati tutta la fiducia e il sostegno possibili».