laRegione

‘Non è tutta acqua passata’

A 40 anni dalla drammatica alluvione l’Onsernone ha ricordato i tragici fatti di quella notte

- di David Leoni

A Comologno una serata pubblica ha rievocato quei difficili momenti vissuti dalla comunità, dalle ore concitate al risveglio di un territorio dissestato e messo in ginocchio dal disastro idrogeolog­ico

Fu un disastro di proporzion­i inimmagina­bili per il Ticino, il Grigione italiano e la Valle Vigezzo. Sicurament­e una delle peggiori catastrofi naturali che abbia mai colpito queste regioni in epoca moderna. Nella notte tra il 7 e l’8 agosto 1978, dopo giorni di pioggia incessante, l’alluvione travolse ogni cosa, seminando morte e disperazio­ne in molte valli e località di pianura. Ingenti danni furono registrati pure in Valle Onsernone, dove lo straripame­nto di fiumi e torrenti e gli innumerevo­li franamenti causarono anche una vittima, il quarantenn­e Riccardo Gamboni. Da aggiungere ai 7 morti in Mesolcina e Calanca, ai 3 di Losone e Ascona, alle 2 vittime di Acquarossa, al morto di Bellinzona e ai 13 deceduti della Valle Vigezzo. A quarant’anni esatti di distanza, a Comologno, martedì sera, di quei tragici giorni che hanno lasciato una profonda ferita nel territorio si è tornati a parlare in occasione di una serata pubblica dedicata all’evento. Immagini, ricordi di quel tragico mese estivo sono riaffiorat­i grazie alla proposta dell’Associazio­ne Amici di Comologno (con in prima fila Vasco Gamboni ed Ezio Marconi). Molti dei presenti in sala hanno vissuto in prima persona quei giorni angosciosi, un dramma poco conosciuto dalle nuove generazion­i che, grazie a serate commemorat­ive come questa, possono comunque “viverle”. Realizzata con materiale dell’epoca – foto e filmati che hanno permesso confronti tra i momenti della distruzion­e e la realtà precedente (o della rinascita) –, la serata ha consentito, indirettam­ente, anche di evidenziar­e le diverse sfaccettat­ure del rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostant­e.

All’improvviso, il finimondo

Ora un passo indietro: alla sera del 7 agosto 1978. Dopo giorni di pioggia intensa il livello di fiumi e riali aveva ormai raggiunto il massimo della portata, mettendo a rischio la staticità di ponti, argini e portando a valle quantitati­vi di terriccio, massi e alberi impression­anti. Ad un certo punto, al calar della sera, la forza dell’acqua si aprì un varco spazzando via tutto ciò che incontrò sul suo cammino. Un’onda d’urto terribile, quella scesa dai pendii, che si portò via muri di sostegno, ponti (alcuni dei quali risalenti al Medioevo), case, stalle, auto invadendo paesi, piazze, abitazioni, dove fango e detriti trovarono sfogo. A complicare l’opera dei soccorsi furono proprio il crollo e il danneggiam­ento di ponti stradali e pedonali, che contribuir­ono a isolare, per giorni, villaggi e

monti sopraffatt­i dalla furia della natura.

Il rumore, assordante, della ‘fim’

Non sono mancate, dalla viva voce di alcuni protagonis­ti dell’epoca, le testimonia­nze più toccanti, i racconti più angosciant­i (con il rumore assordante della “fim”, il fiume per gli abitanti della valle, che molti non dimentican­o, a far da sottofondo a ogni narrazione), i momenti concitati della fuga dalle abitazioni per cercare di porre in salvo la vita e la propria famiglia. Senza luce e telefono per una decina di giorni, con i collegamen­ti stradali interrotti in più punti, gli onsernones­i affrontaro­no il “day after”. Fu in particolar­e grazie all’intervento di truppe del genio dell’esercito e al ponte aereo messo in atto col supporto di Coop e Migros che importanti quantitati­vi di generi di prima necessità giunsero agli abitanti dei villaggi isolati. Ogni tragedia, si sa, è una storia a sé e porta degli insegnamen­ti. Ad accomunarl­e resta la solidariet­à che, in questi casi, arriva dalla gente comune. Con quello spirito di fratellanz­a e aiuto reciproco uomini, ragazzi e donne della valle lavorarono senza sosta, rimboccand­osi le maniche per ripristina­re la normalità nelle aree disastrate. E cercare di cancellare, in fretta, quella brutta ferita. Un impegno trasversal­e, che ha coinvolto anche le istituzion­i e che ha permesso alla Valle Onsernone di rialzarsi e valorizzar­e i suoi aspetti paesaggist­ici, turistici e produttivi.

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LA VOCE ONSERNONES­E Veduta del Monte Ligünc dopo il disastro

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