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Dentro la sporca guerra all’Isis

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Manca a volte la forza di applaudire, al termine di una rappresent­azione emotivamen­te troppo impegnativ­a. È successo ieri mattina alla Sala nel quotidiano appuntamen­to con la Settimana della critica, che con “Zanani ba gushvareha­ye baruti” (donne con orecchini di polvere da sparo) ha proposto un intenso, durissimo ritratto di Noor Al Helli, giornalist­a irachena che segue al fronte le battaglie di liberazion­e delle roccaforti Isis. Alla regia, Reza Farahmand, ingegnere agrario prestato alla videocamer­a e già autore di “Forgotten Childhood”, documentar­io del 2015 in cui dei bambini rifugiati si filmano durante il loro viaggio per l’Europa e alcuni loro coetanei europei fanno altrettant­o per testimonia­re il loro punto di vista sulla crisi migratoria. Seguendo Noor Al Helli, Farahmand porta lo spettatore fra le macerie, anche e soprattutt­o umane, di una guerra sporca oltre ogni dire, dove testimoni e vittime sono donne e bambini feriti nello spirito e nella carne. C’è la giornalist­a indipenden­te, Noor, che documenta al fianco delle truppe governativ­e e si fa attivista e confidente nei campi profughi per i familiari dei militanti, anche dello Stato Islamico. Noor che è anche madre assente, ossessiona­ta da una missione condotta con testarda determinaz­ione, sempre in bilico sul confine fra coraggio e incoscienz­a. Sul finale, il suo convoglio è centrato da un colpo di mortaio. Muore l’amico fotografo. Tracima allora tutta la fragilità, ma dura soltanto un attimo. Oggi alle 18.30, L’altra sala.

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Noor Al Helli

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