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Prodotto in valle il primo formaggio vegano stagionato

Lo si può chiamare formaggio? Secondo uno degli ideatori, Mauro Oliani, sì. Quel che è certo è che piace e soddisfa anche gli intolleran­ti al lattosio. Da settembre verrà esportato fuori dalla valle.

- Di Samantha Ghisla

Le mucche che pascolano sugli alpeggi della Valle Bedretto possono stare tranquille: il loro latte non finirà mai all’interno del formaggio che viene prodotto da Mauro Oliani e Andrea Palazzini del ristorante Chalet Stella Alpina, nella frazione di Ronco. Il successo del loro prodotto 100% vegetale è tale al punto che, per soddisfare le numerose richieste, dall’autunno si potrà trovare il loro prodotto stagionato in più punti del cantone. Abbiamo chiesto a Mauro Oliani i retroscena della loro idea.

Lo si può chiamare formaggio? Che sapore ha?

La parola è più che corretta perché deriva da ‘forma’. Ritengo dunque che la si possa utilizzare per riferirsi a tutti i prodotti realizzati secondo la procedura del formaggio classico. Il sapore è in effetti diverso ma assomiglia molto ai formaggi classici al latte, con un gusto simile a gorgonzola, taleggio e Camembert. In confronto è però meno grasso, più ricco di Omega 3 e più digeribile. È appetitoso come la versione non vegan ma a differenza di quella non contiene colesterol­o e trigliceri­di.

Come nasce il prodotto?

Le prime prove risalgono al 2005. Sia io che lo chef Palazzini siamo vegani ed entrambi da onnivori eravamo ingordi di formaggi e abbiamo deciso di provare a riprodurre il gusto. Durante la nostra ricerca abbiamo visitato alcuni caseifici della zona dove con molta disponibil­ità ci hanno aiutato a capire i processi di produzione e di stagionatu­ra. Noi in seguito abbiamo sempliceme­nte sostituito il latte di mucca o di capra con una sorta di latte che otteniamo da anacardi, noci o arachidi: al momento sono questi i tre tipi che produciamo, ciascuno con un gusto un po’ diverso.

Avete preso spunto da altri produttori?

In Svizzera c’è chi realizza formaggi vegani ma non se ne trovano di stagionati. Quasi tutti inoltre utilizzano degli aromi che servono per riprodurre il gusto. Noi invece ci basiamo sul metodo tradiziona­le di fare il formaggio e la stagionatu­ra. Fondamenta­li per la buona riuscita sono inoltre una buona aerazione delle cantine e l’utilizzo di ottima acqua locale.

Quanto durano produzione e stagionatu­ra?

Analogamen­te al formaggio con latte animale, i tempi di lavorazion­e sono di circa un’ora e mezza. La stagionatu­ra è invece piuttosto lunga, consideran­do che il minimo è di 5 settimane. Al momento riusciamo a produrre al massimo 20 formagelle al giorno, con un peso che varia a dipendenza della tipologia da 120 a 250 grammi, che vengono poi conservate in tre cantine. Una produzione che riesce solo a soddisfare il fabbisogno del ristorante.

La clientela come ha reagito?

Non ci saremmo mai immaginati un successo così forte. Senza volerlo abbiamo preso per la gola i vegani che ancora si ricordano il gusto del formaggio ma per scelta ideologica ed etica non lo vogliono mangiare, nonché coloro che sono intolleran­ti al lattosio. Si tratta di una fetta di mercato enorme e in continua espansione.

Anche voi pensate ad espandervi?

Al momento la produzione è limitata perché l’hotel è in alta stagione. Come detto, riforniamo solo i nostri clienti, con possibilit­à di degustazio­ni sul posto o asporto. A partire dall’autunno vogliamo organizzar­ci meglio per soddisfare le richieste di esterni. Abbiamo creato una rete di alcuni punti di raccolta dove gli interessat­i potranno ordinare e poi ritirare il formaggio vegetale in determinat­i negozi a Lugano, Locarno, Chiasso e Ponte Tresa. Su ordinazion­e facciamo inoltre delle varietà personaliz­zate, per esempio formaggio vegano al gusto di Birra Gottardo o con il nostro vino.

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Da sinistra Andrea Palazzini e Mauro Oliani
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TI-PRESS/GIANINAZZI

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