Truffa per orologio da mezzo milione, due condanne
Da Ginevra a Lugano per una compravendita di un orologio da mezzo milione: due condannati Ennesimo caso di truffa ripdeal. Gabbato un esperto del settore nella transazione un poco torbida avvenuta in un ufficio di via Pioda.
Ruota attorno alla compravendita inverosimile di un orologio di lusso il processo tenutosi ieri alle Assise criminali di Lugano. I due protagonisti, un 38enne sloveno residente a Lubiana e un 26enne italiano residente a Coldrerio, sono stati rispettivamente condannati a 22 mesi (di cui 8 già espiati e 14 sospesi, con un periodo di prova di 2 anni) e 20 mesi sospesi per un periodo di prova di 4 anni. Per il primo si prospetta un’espulsione dal Paese di 7 anni, non avendo legami con il territorio; per il secondo invece di 4 anni perché il nucleo familiare con cui vive (madre e fratello) si trova in Ticino, pur avendo «mantenuto legami con ambienti malavitosi»: così ha sentenziato il giudice Mauro Ermani, che ha ridotto le proposte di pena invocate dal procuratore pubblico Nicola Respini. I trascorsi: un ginevrino avrebbe in passato acquistato un Patek Philippe modello Wristwatch 1518 in Inghilterra per 390’000 dollari con l’intento di rivenderlo, una volta aumentato il suo valore, a 540’000 franchi (una stima plausibile per il patrocinatore dell’accusatore privato Giovanni Molo che ha evidenziato come, nello stesso periodo a un’asta della casa britannica Sotheby’s, un orologio simile era stato venduto per 552’000 franchi). L’ignaro venditore ginevrino – ritenuto da alcune delle parti «ingenuo» – si è perciò recato a Lugano nell’agosto 2017 per la vendita dell’oggetto in questione, ma è rimasto vittima di una truffa rip-deal ove gli sono state rifilate 11 mazzette di banconote da 1’000 franchi di cui solo 5 erano autentiche, mentre 474 di esse si sono poi rivelate dei facsimile, e quindi false. Non è chiaro se la truffa sia stata messa in atto da una vera e propria banda – ne dubita uno degli avvocati difensori Carlo Borradori, in quanto i partecipanti parlavano lingue (o dialetti) diversi – o da individui incontratisi per puro caso, tra i quali gli imputati presenti in aula.
Risarcimenti rinviati al foro civile
Gemmologo uno, venditore di ferro l’altro. Questo l’identikit dei due uomini: il primo, cittadino italiano, con la fedina penale ormai macchiata da vari precedenti – tra cui un altro rip-deal svoltosi a Ginevra nel 2016 in cui erano stati sottratti 3 diamanti per un valore complessivo di 1,3 milioni di franchi, e altri reati commessi per «estinguere un debito» contratto con parenti (e non solo) legati alla ’ndrangheta. Il secondo, incensurato ma con una magione di tutto rispetto e una Maserati quattro porte in Slovenia; acquisti resi possibili dalla sua attività di compravendita di ferro tra la Slovenia e l’estero (in particolare l’Italia) che gli fruttava tra i 5 e i 25’000 franchi mensili. Entrambi sono stati condannati per truffa ai danni del ginevrino e della società che questi gestisce insieme al fratello, specializzatasi in orologi vintage e inusuali (databili quindi tra il 1940 e il 1980). Il cittadino italiano, difeso dall’avvocato Edy Meli, è stato poi prosciolto dall’accusa di importazione di banconote false nell’ambito di un’altra compravendita, mentre lo sloveno si era reso protagonista anche di furto e violazione di domicilio nel Canton Vaud, reati scoperti grazie all’inserimento del Dna e delle impronte digitali nella banca dati della polizia. Il presidente della Corte delle Assise criminali ha, come richiesto anche da Meli, rimandato al foro civile le pretese di risarcimento come anche la valutazione dell’entità dei danni economici, psicologici e fisici evocati dalla parte lesa.