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Perrier sprona il ‘suo’ Aarau: ‘Meritiamo di più’

Per Michael Perrier (29 anni) questa è la quarta stagione in forza all’Aarau, fanalino di coda di Challenge League

- Di Marzio Mellini

Non che l’obiettivo fosse la promozione in Super League, ma vedere l’Aarau in fondo alla classifica, senza punti dopo quattro partite, un certo effetto lo fa. Al Brügglifel­d, però, drammi non se ne fanno, perché alla base dei risultati negativi vi sono ragioni che la squadra ha individuat­o, soppesando­le con calma. Ce le svela Michael Perrier, 29 anni, vecchia conoscenza del calcio ticinese, lanciato dal Lugano e passato attraverso ottime stagioni a Chiasso e Bellinzona, prima di sconfinare, in direzione di Aarau, ma non prima di aver assaporato l’atmosfera magica del Tourbillon, a Sion. «In effetti – conferma il ticinese di origini vallesane – era difficilme­nte pronostica­bile che fossimo in questa situazione. Questa è la mia quarta stagione ad Aarau. È la terza volta che cambiano parecchi giocatori, anche se l’obiettivo era quello di confermare lo zoccolo duro del passato campionato. Se però si confrontan­o le formazioni di questo scorcio di stagione con quelle di quella passata, si nota che più di metà squadra è cambiata. Siamo stati anche sfortunati, molti giocatori sono infortunat­i. Penso a Patrick Rossini (assente dalla scorsa stagione, crociati ko, ndr), a Jäckle e Thaler, ragazzi del vivaio che sono diventati pilastri della squadra. Insomma, ci serve un po’ di tempo per registrare i meccanismi e trovare il giusto equilibrio. Non siamo allarmati, perché impegno e volontà ci sono. Il problema è mentale. Abbiamo svolto una buona preparazio­ne, ma la sconfitta in occasione delle prime due partite ha fatto sì che ora tutto giri per il verso sbagliato. Se penso al match d’esordio contro il Servette, al Brügglifel­d, mi permetto di dire che la sconfitta 2-0 è un risultato troppo severo per quello che abbiamo mostrato in campo. Avremmo meritato di più. Ora siamo all’interno di una spirale negativa. Dobbiamo trovare la soluzione per uscirne. Sono sicuro che ce la faremo. Chi ci segue in settimana non può considerar­ci l’ultima in classifica. Sia per l’ambiente che regna in squadra, sia a livello tecnico-sportivo. Abbiamo le quali- tà che servono. L’ultimo posto non è di nostra competenza, nelle prossime settimane lo dimostrere­mo».

Ticino nel cuore

Conviene farlo già sabato, contro il Chiasso. Perdere anche quella sfida complicher­ebbe non poco la faccenda. «Anche perché giochiamo in casa. C’è una sola soluzione: vincere. Anche i rossoblù hanno cambiato molto, allenatore compreso. Hanno avuto bisogno di tempo per trovare automatism­i ed equilibrio. Siamo in una condizione simile, anche se loro nell’ultimo impegno

(contro lo Sciaffusa, ndr) sono riusciti a incamerare i tre punti. Sarà una bella partita, ne sono convinto». Per l’Aarau il Brügglifel­d deve tonare a essere un fortino nel quale fare la differenza. «Nella scorsa stagione, in casa abbiamo disputato prestazion­i eccellenti, contro le avversarie più forti, Neuchâtel Xamax compreso. Ho parlato con alcuni ex compagni con cui ho giocato in passato, mi hanno confermato che non gradiscono venire ad Aarau: perché è un campo ostico, con tifosi e, in generale, ambiente molto caldi. Ma in realtà l’Aarau ha avuto – chissà, forse ha anche adesso –

una squadra molte forte, con qualità importanti, che sono emerse soprattutt­o contro le rivali più forti. Era come se fossimo più motivati, contro le squadre di rango». L’obiettivo di inizio stagione dell’Aarau non è mai stato la promozione. «Continuiam­o a ripeterci che puntiamo a restare agganciati alle zone medio-alte della classifica, senza mai tirare in ballo la Super League». Una partenza falsa può anche comportare riflession­i circa la guida tecnica. Patrick Rahmen è forse stato messo in discussion­e? «Dalla società non è giunto alcun segnale, se non quello che il cambio di allenatore, al momento, non è un tema». Contatti con i vecchi amici del Ticino? «Beh, ci ho vissuto quindici anni, ci vivono mia mamma e mio fratello, tutti i miei amici. Il Ticino è parte del mio cuore. Sento Bruno Martignoni, Daniele Russo, Carlo Polli, il mio migliore amico. Ma anche Ulisse Pelloni, Bobo Ciarrocchi, Josipovic... Gli amici di Melide. Anche Michael Casanova, oggi speaker radiofonic­o. L’idea di tornare in Ticino ce l’ho. I calciatori, di norma, tendono a tornare a casa, là dove hanno costruito qualcosa, all’inizio del loro percorso sportivo».

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KEYSTONE ‘Questa squadra ha qualità e lo dimostrerà nelle prossime settimane’. Già domani contro il Chiasso?

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