Un ulivo da adottare
Oliete stava morendo assieme ai suoi ulivi. Il piccolo villaggio nel nord-est della Spagna ha ritrovato vigore grazie all’iniziativa di due imprenditori sociali che – tramite un sito web – nel 2013 hanno dato la possibilità di adottare un ulivo del paesino in cambio di due litri di olio per ogni raccolta. A fine 2017 l’iniziativa aveva salvato settemila ulivi e creato 14 posti di lavoro.
Ci sono poche cose peggiori che essere trascurati fino all’oblio. Gli ulivi di Oliete, un villaggio in Aragona, Spagna, stavano scomparendo proprio per questa ragione. I 300 residenti di Oliete abitano circondati dagli alberi e la maggior parte delle famiglie possiede terra con almeno un paio di piante. Ma Oliete si trova in una delle zone più aride d’Europa e, a causa dell’esodo rurale, i suoi 100mila ulivi sembravano condannati a seccare e morire. Poi, quattro anni fa, centinaia di “padrini e madrine” sono venuti in soccorso. Alberto Alfonso, 41 anni, è uno dei tanti figli di Oliete che è emigrato nella grande città (nel suo caso Barcellona), a cercare lavoro. Ogni anno torna alla fattoria di famiglia per la raccolta delle olive. Tutti gli anni, come quel 2013 quando si accorse dei campi vicini alla loro terra trascurati e vuoti; non rimaneva più nessuno a lavorarci e il 70 per cento degli alberi era stato abbandonato. «Mi ha detto ‘Il villaggio sta morendo, dobbiamo fare qualcosa’», ricorda Sira Plana, 40 anni. Suo nonno era il veterinario del villaggio negli anni Cinquanta e i suoi genitori erano emigrati a Madrid. Quel ‘qualcosa da fare’, grazie ad Alfonso e Plana, si è trasformato presto in Apadrina un Olivo (Adotta un Ulivo), un’organizzazione non a scopo di lucro con la speranza di creare lavori nel villaggio, salvare l’ecosistema centenario e ridare vita alla regione morente. Se però la volontà c’era, a mancare erano i soldi per far sì che la loro idea si avverasse. Per lo più, inoltre, la maggior parte degli alberi che stavano cercando di salvare non gli apparteneva; molti erano stati ereditati da persone che avevano lasciato il paese e non avevano né il tempo né la voglia di tornare. «Abbiamo risolto il problema della proprietà con un’entità legale chiamata custodia del territorio. È un accordo fra due parti in cui una promette di prendersi cura della zona naturale che appartiene all’altra», spiega Plana. La questione dei soldi è stata invece affrontata da due giovani ingegneri in informatica, che Alfonso aveva conosciuto ad una festa a Londra: internet era l’unico vero modo per spargere la voce oltre il villaggio per salvare gli ulivi. Così Pablo García Adrián Martí e suo fratello José Alfredo, dopo aver fotografato e identificato con un codice univoco tutti gli alberi a rischio, hanno fatto in modo di presentarli sul web (apadrinaunolivo.org) e dare così la possibilità di adottare una pianta per 50 euro all’anno. In cambio il donatore avrebbe ricevuto due litri d’olio da ogni raccolta. Il sito ‘user-friendly’, la strategia eccellente sui social media e apparizioni occasionali sui media hanno fatto tutto il resto, aprendo Oliete al mondo. Nel primo anno le donazioni furono 500 mentre il 2017 si è chiuso con 2’450 donazioni, molte provenienti dalla Francia e dalla Germania. Nicole Escolier, una 68enne francese, madrina di alcuni alberi, testimonia: «Sono molto mediterranea. Gli ulivi mi ricordano le mie radici francesi e algerine, quindi quando mio marito si è imbattuto nel progetto, ha adottato per me un albero come regalo. Adesso ne abbiamo quattro». La coppia visita il villaggio almeno due volte all’anno. Dalla sua fondazione, questa organizzazione ha salvato più di settemila ulivi e ha creato lavoro per 14 persone, due delle quali hanno portato famiglie da altre regioni spagnole, aggiungendo otto nuovi bambini al villaggio. Grazie a loro, la scuola del luogo è rimasta aperta. Nel 2016, Oliete ha pure acquistato un frantoio. Nel passato, il villaggio aveva avuto tre frantoi, ma l’ultimo era stato chiuso più di dieci anni prima. Ramiro Alfonso, il sindaco socialista d’Oliete, crede che questa iniziativa sia stata di grande aiuto al comune, che, come molti altri, combatte contro l’esodo rurale. «Hanno riportato vita al villaggio, hanno attratto famiglie con bambini, promuovono attività culturali. Il declino della popolazione è una delle maggiori preoccupazioni del mondo rurale e si sono uniti per aiutare a fermarlo», commenta. Raúl García, 34 anni, e la sua famiglia si sono trasferiti ad Oliete per iniziare una nuova vita lontano dalla loro città natale di Málaga grazie ad ‘Apadrina un Olivo’. García, è stato formato da aziende locali e adesso gestisce il frantoio. «Siamo felici, i bambini sono felici. Il più grande sta per imparare l’inglese per la prima volta – scherza –. Ma bisogna abituarsi a vivere qua. L’inverno è duro, hai bisogno di sole o semplicemente di un po’ di compagnia, ma a volte non ne trovi». Adesso che l’organizzazione funziona, le sue priorità sono sostenibilità e sussistenza. Ha creato una linea di olio, venduta come regalo di nozze, e un’altra linea di anelli fatti di legno d’ulivo. Offre alle aziende la possibilità di creare cesti regalo per i loro dipendenti e vende i prodotti ai ristoranti e ai mercati locali. Organizza anche visite mensili al villaggio per i padrini e le madrine degli alberi. In quattro anni, il villaggio ha ospitato più di tremila persone. «Questo va oltre una semplice donazione finanziaria: crea un vero legame e mostra ai donatori i problemi che questa regione affronta», racconta Plana. Gli effetti positivi si fanno vedere lentamente ma costantemente. Ci sono più bambini adesso che un paio d’anni fa, una piccola fabbrica d’olio d’oliva è stata riaperta, le fattorie vengono segnalate con cartelli stradali e nella campagna i campi sono più puliti e più verdi. Gli ulivi antichi di Oliete sono lontani dall’essere dimenticati.