Un omaggio a Kurtág
Opere di Beethoven, Schönberg e Holliger come scorta d’onore a due opere di Kurtág. Era questo il contenuto del quarto concerto sinfonico, che è andato in scena in una forma quanto meno insolita. Heinz Holliger ha diretto la Chamber Orchestra of Europe completata da alcuni Lucerne Festival Alumni: in totale sessanta strumentisti con un’importante sezione di arpe, tastiere e percussioni, tra essi anche due cimbalom, peculiari della musica ungherese. E ungheresi erano i solisti: i pianisti András Schiff e Zoltán Fejérvári e il violoncellista Miklós Perényi. György Kurtág è un compositore che trae linfa dagli archetipi della composizione. La capacità di ricreare antiche esperienze esistenziali conferisce alla sua musica una forza emozionale, che non è certo la cifra della musica contemporanea, nonostante un linguaggio essenziale, stringato, che si dovrebbe chiamare postweberiano. A sessant’anni scopre d’esser arrivato con i numeri d’opera dove Beethoven era arrivato a trentun anni con due celebri sonate per pianoforte, rimaste nella storia con le etichette “Quasi una fantasia” e “Al chiaro di luna”. L’idea di trarne materiale tematico non attecchisce e alle sue opere rimane solo un’etichetta Beethoveniana: “... quasi una fantasia... per piano e gruppi strumentali dispersi nello spazio” op. 27,1; “Concerto doppio per piano, violoncello e gruppi strumentali dispersi nello spazio” op. 27,2. Holliger ha disperso i gruppi strumentali sull’intera prima balconata del Konzertsaal e ha ottenuto una straordinaria trasparenza del tessuto musicale, una cura dei dettagli spinta all’estremo (così tanti p nei pianissimo di Kurtág?), che ha compromesso alquanto la forza emotiva della musica. Inconsueta la scelta di introdurre le due opere con l’esecuzione integrale delle due sonate per pianoforte di Beethoven. Poteva sembrare un accostamento gratuito di secoli lontani, ma confesso che, dopo settant’anni di ascolti illimitati, le magistrali interpretazioni di András Schiff mi hanno ridato tutte le emozioni di una prima volta. Il programma era stato aperto dalla Sinfonia da camera op. 9 di Arnold Schönberg, che ripropone ogni volta ai melomani la ricerca di tracce atonali in un tessuto chiaramente tonale. Holliger e i magnifici strumentisti ne hanno dato una lettura brillante, quasi “una gioconda corsa di gara per salire un colle” (la poesia di Pascoli è quasi coeva della sinfonia di Schönberg!), che non ha penalizzato la complessità ritmica e armonica della composizione. In chiusura di programma, con un titolo lunghissimo e tutto da decifrare, una composizione che Heinz Holliger ha dedicato proprio alla Chamber Orchestra of Europe, quando festeggiò i primi vent’anni. È un’opera complessa, suddivisa in sette parti, che danno spazio a una decina di solisti. A un primo ascolto, forse non sufficientemente attento, mi è sembrato un lavoro da riservare piuttosto a una festa di famiglia che a un concerto pubblico.