Parità, sì ai controlli
Il principio dell’uguaglianza salariale è stato accolto dal Consiglio nazionale Il dibattito parlamentare riprenderà questa mattina. L’obiettivo della legge è quello di sensibilizzare le aziende su un tema molto sentito.
In futuro, le imprese con almeno 100 dipendenti dovrebbero far svolgere un’analisi sull’uguaglianza dei salari tra i sessi ogni quattro anni, facendola verificare da un organismo indipendente. Lo ha deciso il Consiglio nazionale durante le discussioni sulla revisione della Legge federale sulla parità dei sessi, discussioni che proseguiranno domani mattina. Il progetto, come ricordato più volte in aula, non prevede sanzioni per chi non rispetta la parità salariale. Non vogliamo una ‘polizia dei salari’, ha affermato la friburghese Christine Bulliard-Marbach (Ppd) a nome della commissione. L’obiettivo delle nuove misure – che avranno durata limitata: 12 anni – è promuovere un cambiamento di mentalità, ha aggiunto la consigliera federale Simonetta Sommaruga. L’autoregolazione del settore non ha ancora dato i risultati sperati, ha ammesso lo zughese Philipp Kutter (Ppd). La nuova legge permetterà alle imprese di identificare e risolvere i problemi, ha aggiunto lo zughese. La sinistra ha sostenuto le nuove misure pur ritenendole insufficienti. “Legge minimalista” l’ha definita Jacques-André Maire (Ps). “Ignora il fatto che i mestieri
tipicamente femminili, come quelli della sanità, hanno salari più bassi degli altri”, ha aggiunto Lisa Mazzone (Verdi). Udc e Plr hanno invece tentato, invano, di far naufragare il dossier: il progetto in discussione non serve per lottare contro le discriminazioni salariali. “Basta far applicare la legge attuale”, ha affermato la bernese Nadja Pieren (Udc).
Altri hanno sottolineato il successo delle misure volontarie oltre che i pericoli del nuovo progetto per il carattere liberale del mercato del lavoro. Con queste norme tutte le imprese vengono considerate sospette fin quando non hanno provato il contrario, ha sostenuto Hans-Ulrich Bigler (Plr). Durante il dibattito particolareggiato, si è discusso a lungo se aumentare o diminuire il numero dei dipendenti a partire dai quali le società devono far svolgere l’analisi sui salari. La sinistra avrebbe voluto abbassare questa soglia a 50 impiegati, la destra aumentarla a 250. Portando la soglia a 100 impiegati, gli Stati hanno escluso più della metà dei lavoratori, ha sostenuto Mathias Reynard (Ps) chiedendo di mantenere il limite a 50 come proposto dal governo.
Il limite della discordia
Per Hans-Ulrich Bigler è opportuno aumentare la soglia poiché nelle Pmi è spesso difficile fare dei confronti visto l’effettivo ridotto. “C’è un mandato costituzionale da far rispettare, non si può escludere i due terzi delle persone interessate”, ha replicato la ministra di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga. Con 108 voti contro 86 la Camera del popolo ha poi deciso che il limite fissato a 50 si riferisce all’equivalente di posti a tempo pieno e non al numero effettivo di persone impiegate. Sommaruga ha invano chiesto al Nazionale di non modificare questo punto poiché equivale a escludere dall’analisi sui salari molte aziende con personale – femminile – a tempo parziale. Con 97 voti a 95 e una astensione, i deputati hanno anche deciso di considerare nel conteggio gli apprendisti. In serata il presidente del Consiglio nazionale Dominique de Buman (Ppd) ha interrotto il dibattito che riprenderà questa mattina.