I nodi vengono al pettine
La Banca dei regolamenti internazionali: ‘Le divergenze stanno aumentando’ Gli Stati Uniti sono in una situazione di boom, mentre le economie emergenti frenano. Le turbolenze finanziarie sono quindi molto probabili.
Basilea – Stati Uniti in crescita tumultuosa da un lato e paesi emergenti in difficoltà, specie quelli con squilibri, dall’altro con la Cina in possibile rallentamento sullo sfondo. Il rapporto trimestrale della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), la ‘banca delle banche centrali’, registra un “aumento delle divergenze” fra i mercati mondiali e prevede possibili “ulteriori turbolenze”. Per il capo economista Claudio Borio “con tassi d’interesse insolitamente bassi e i bilanci delle banche centrali ancora eccezionalmente gonfi, rimangono poche medicine disponibili per rimettere in salute il paziente”. Negli ultimi mesi, spiega la Bri, le economie emergenti (Eme) sono entrate in una fase di tensione, che ha generato un incremento dei rendimenti obbligazionari e un deprezzamento delle valute locali. I prezzi delle attività delle economie emergenti sono stati scossi dal rafforzamento del dollaro, da tensioni commerciali e da segnali di un rallentamento in Cina. L’impatto è stato diverso a seconda dei paesi, e alcuni di essi hanno dovuto affrontare crisi. Tuttavia il contagio è stato limitato.
Come spiega il capoeconomista Borio “si potrebbe dire che, in media, l’andamento dei mercati finanziari mondiali è rimasto positivo, proseguendo gli ottimi risultati dell’anno scorso. Ma in questo caso la media non significa molto. Per riprendere una famosa citazione, una persona con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore continua ad avere una temperatura media”. Secondo gli analisti della banca “vi sono state divergenze anche tra i mercati delle economie avanzate, riflesso delle differenze del ritmo di normalizzazione della politica monetaria nonché delle sorti degli sviluppi macroeconomici di Europa e Stati Uniti. Lo stimolo fiscale degli Stati Uniti ha rafforzato le aspettative di una maggiore crescita economica nel breve termine ma senza dubbio anche di un aumento dei rendimenti obbligazionari”. E scorrendo i dati della rassegna trimestrale si evidenzia come l’emissione di titoli di debito internazionali sia ora preminente rispetto ai prestiti bancari in quanto principale determinante del credito internazionale a imprese, famiglie e amministrazioni pubbliche. La quota di credito internazionale denominato in dollari Usa si è ulteriormente espansa dalla crisi finanziaria, in particolare nelle economie emergenti. Un fenomeno, spiega la Bri che “intensifica i potenziali effetti di propagazione dei cambiamenti delle condizioni monetarie degli Stati Uniti”. Ancora Borio spiega che “nonostante l’espansione fosse già in una fase avanzata, l’economia degli Stati Uniti ha accelerato. E l’inflazione, che ha teso a convergere verso l’obiettivo, non ha rappresentato una minaccia. In queste condizioni, la Fed ha potuto permettersi di proseguire il cammino, molto prevedibile e graduale, verso la normalizzazione. Per il meglio o per il peggio, nulla ha turbato i mercati statunitensi. In questo contesto favorevole, il dollaro Usa, che aveva infine cambiato rotta in febbraio e aveva acquistato maggiore slancio in aprile, ha continuato a salire. Inevitabilmente, le economie emergenti ne hanno subito le conseguenze”.