Lo spazio intorno
In mostra a Palazzo Reale a Milano le opere di Agostino Bonalumi, protagonista dell’astrattismo
Maestro della forma, Bonalumi si proponeva di azzerare l’arte tradizionale partendo dalla superficie del quadro, trasformando la tela da supporto a protagonista
“Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento Milano ha dato vita a una straordinaria stagione d’arte, architettura e design che ha rinnovato lo slancio delle avanguardie storiche mettendole in dialogo con la contemporaneità internazionale”. Così Giuseppe Sala, sindaco di Milano, rievoca il fervore culturale e artistico di quella bella Milano, effervescente e stimolante, ma anche interdisciplinare e plurima nel senso che si dimostrava aperta al dialogo e al confronto con le molteplici varietà dei linguaggi artistici, dall’astrazione alla neofigurazione, dal Mac allo Spazialismo e alla Pop, da Fontana a Piero Manzoni. Agostino Bonalumi (1935-2013) “è stato uno dei più rigorosi e innovativi maestri di quella indimenticabile stagione di rinnovamento, ancora oggi alla base della migliore ricerca contemporanea”.
‘Se l’arte racconta o sfiora l’indicibile, io mi occupo del luogo dove è detto l’indicibile’
A lui Milano dedica una grande antologica a Palazzo Reale (a ingresso gratuito) con un complemento al vicino Museo del Novecento visitabile fino al 30 settembre; vi si ripercorre il percorso creativo, dall’esordio, avvenuto a Milano, con Enrico Castellani e Piero Manzoni attorno al 1959, sino agli ultimi suoi lavori e alla recentissima riscoperta e rivalutazione internazionale. Certamente ci sarà chi, leggendo, vedrà riaffiorare alla mente alcuni suoi importanti lavori presenti sul nostro territorio tanto nella Collezione Ghisla quanto nella Collezione Giancarlo e Danna Olgiati. Milanese di nascita e formazione, Agostino Bonalumi entra presto in contatto con Fontana e, nel ’60, è tra i fondatori di ‘Azimuth’ assieme a Castellani e Piero Manzoni. Loro obiettivo era l’azzeramento dell’arte tradizionale in nome di un suo radicale rinnovamento tanto nelle forme e nei materiali, quanto nella sua funzione, ciò che li induceva ad operare una attenta riflessione critico-analitica sui procedimenti e sui materiali impiegati. Bonalumi si concentrò so-
prattutto sulla superficie del quadro. Mediante l’inserimento di sagome di legno e metallo collocate dietro/sotto la tela – generalmente monocroma – Bonalumi trasforma la tela in un’esperienza tridimensionale mutabile con la luce. In questo modo la superficie non è più un supporto su cui si raffigura, ma è protagonista, diventa luogo dell’evento. Non senza un pizzico di ironia egli diceva che “se l’arte racconta o sfiora l’indicibile, io mi sto occupando unicamente del luogo dove è detto l’indicibile (cioè il supporto), che tale rimane”. Con il loro contrappunto di luce-ombra le opere adesso evidenziano unicamente la concretezza di un corpo plastico modulato dalla luce che entra in relazione con lo spazio dell’osservatore. Non solo non raccontano altro da sé, ma assumono anche palesi connotazioni ambientali – con una pittura che si fa tridimensionale, scultorea – perché luci e ombre mutano con il variare della luce del giorno. La tendenza al “grado zero” lo induce inoltre ad evitare di lasciare tracce del gesto che rivela la presenza dell’artista, a favore di un monocromo dato in campiture assolutamente omogenee e impersonali. “Ho fatto ricorso alla monocromia – diceva – per chiudere a fraintendimenti sempre in agguato.” Anche i titoli nella loro nudità – ‘Bianco’, ‘Rosso’ eccetera – intendono riportare l’attenzione dell’osservatore unicamente sugli elementi costitutivi della pittura in quanto tali: superficie, forma, colore, luce, ombra, nulla di più. Una scelta radicale, esclusiva. Non si può capire tutto questo se non ricollocandoci nel fervore di quelle ricerche – tanto locali quanto internazionali – cui abbiamo accennato in partenza. Che non fu solo un ambito di ricerca esclusivo dell’arte, perché in realtà investì e coinvolse, anche a Milano, molte altre discipline: dall’architettura al teatro, dalla musica alle lettere. Nel caso nostro un rilievo particolare, per affinità di spirito, lo ebbe senz’altro il design con la sua ricerca di una linea di purezza, togliendo tutto il superfluo. Lo riconobbe lo stesso Bonalumi quando disse: “Ero certamente influenzato da un panorama di oggetti prodotti dalla tecnologia: non da un oggetto preciso, ma da questa sensazione di oggettualità. Certe mie cose in qualche modo apparentate con questa oggettualità poi le ho effettivamente ritrovate negli oggetti di design”.