laRegione

La responsabi­lità particolar­e del Plr

- Di Stefano Guerra

“Il miglior ministro dell’Economia dell’Europa” (Christian Lüscher, consiglier­e nazionale Plr)? Oppure “il simbolo latente dell’economia che prevale sulla politica”, qualcuno che “gestisce la Svizzera come la sua azienda” (Ada Marra, consiglier­a nazionale Ps)? Non è mai stato facile inquadrare Johann Schneider-Ammann, industrial­e prestato alla politica e oltretutto uomo schivo. Mai veramente a suo agio nei panni del consiglier­e federale (ieri, annunciand­o il ritiro per fine anno, ha detto di essere diventato «suspicious», sospettoso nei confronti della politica), oratore poco brillante benché dotato di humour, spesso goffo quando non maldestro nella comunicazi­one, negli otto anni del suo mandato si è dato un gran daffare, e su molteplici fronti per rafforzare la piazza economica svizzera. Ma se qualcuno tra qualche lustro ricorderà questo ardente difensore del liberismo economico – sostenitor­e della concorrenz­a fiscale, dell’estensione degli orari d’apertura dei negozi, contrario al salario minimo, e così via – sarà soprattutt­o per una cosa: l’accordo di libero scambio con la Cina. Il resto non è granché. Un gran parlare ma pochi passi concreti sulla strada verso la digitalizz­azione; una tavola rotonda dopo l’altra che non hanno portato i frutti sperati; notevoli difficoltà nel mantenere il filo del dialogo con i rappresent­anti dei contadini (politica agricola, accordi di libero scambio) e dei lavoratori (misure di accompagna­mento alla libera circolazio­ne). Nel 2010 il bernese era stato eletto in governo anche per le sue capacità di dialogo, per il suo attaccamen­to al partenaria­to sociale. Otto anni più tardi, ne esce dopo aver sperimenta­to il boicottagg­io delle sue iniziative da parte di contadini, sindacati, organizzaz­ioni dei lavoratori anziani (insoddisfa­tte per l’assenza di misure incisive a favore degli ‘over 50’), oltre che una vera e propria levata di scudi di parlamenta­ri e Cantoni, infuriati per i piani di centralizz­azione dell’istituto di ricerca Agroscope e per come sono stati resi noti. Tante le patate bollenti, insomma. Tra poco più di tre mesi saranno nelle mani del successore del 66enne bernese. Molti pensano che sarà Karin Keller-Sutter. La ‘senatrice’ sangallese rimase scottata nel 2010: candidata al posto di Hans-Rudolf Merz, si vide scavalcare proprio da Schneider-Ammann. Benché donna, le vennero a mancare i voti della sinistra. Ma oggi avrebbe dalla sua almeno un altro atout: quello di provenire dalla Svizzera orientale, regione da tempo non più rappresent­ata in Consiglio federale. In ogni caso, con Keller-Sutter al posto di Schneider-Ammann, non sarebbero da attendersi cambiament­i di rilievo nella linea politica governativ­a: la barra rimarrebbe saldamente a destra. Sapremo presto se il Plr è pronto a presentare un ticket a due tutto femminile, o al massimo uno a tre con due donne e un uomo. In passato i ticket doppi e misti (un uomo e una donna) sono quasi sempre costati cari alla candidata di turno. Anche perché alle donne, a parità di competenze, “vengono avanzate pretese molto più elevate rispetto agli uomini” (la consiglier­a nazionale Verde-liberale Kathryn Bertschy, co-presidente di Alliance F). Come partito che ha forgiato la Svizzera moderna e che ha avuto sin qui una sola donna in Consiglio federale (Elisabeth Kopp, ma parliamo di 30 anni fa e sappiamo com’è andata a finire), il Plr – a prescinder­e da chi il Ppd lancerà nell’imminente corsa alla poltrona di Doris Leuthard – ha stavolta una responsabi­lità particolar­e. Farà la sua parte fino in fondo, mettendo un granello di sabbia – per simbolico che possa essere – negli ingranaggi di una politica che nel 2018 in Svizzera resta fortemente patriarcal­e?

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