‘Una decisione personale e non politica’
Si sapeva da tempo che per Johann Schneider-Ammann questa sarebbe stata l’ultima legislatura. Tuttavia le sue dimissioni hanno colto un po’ tutti di sorpresa. Ma non completamente Georg Lutz: ancora in un recente articolo su defacto.ch, il politologo sosteneva che la maggior parte dei consiglieri federali si dimette prima della fine del proprio mandato. «Probabilmente Schneider-Ammann si è anche reso conto di non volere terminare la legislatura – dichiara Lutz a ‘laRegione’ –. E questo era praticamente l’ultimo termine possibile per dare le dimissioni: se le avesse date nell’anno elettorale [l’anno prossimo a ottobre ci saranno le elezioni federali, ndr], al Plr o al Consiglio federale sarebbe stato rimproverato di agire in modo strategico a favore del partito». Secondo il professore di scienze politiche all’università di Losanna è raro che un consigliere federale dia le dimissioni a causa di pressioni politiche. «Nella maggior parte dei casi prendono questa decisione da soli o nella loro cerchia ristretta di amici, familiari e consiglieri. Si tratta quindi spesso di una scelta personale». Non c’è dunque nessuna strategia politica dietro le sue dimissioni? Lutz dubita che Schneider- Ammann si sia accordato con i vertici del Plr. È però chiaro che tutto ciò «farà comunque comodo al partito: fino a dicembre sarà al centro dell’attenzione. Inoltre il Plr ha anche già maturato esperienza con la campagna effettuata in tutta la Svizzera per la successione di Didier Burkhalter. Insomma, l’annuncio di Schneider-Ammann di dimettersi a circa un anno dalle elezioni federali non ha sicuramente reso infelice il partito». Tanto più che – afferma il politologo – il secondo seggio Plr in governo non è assolutamente contestato e per questo il partito potrà semplicemente godersi il momento di attenzione mediatica senza preoccupazioni. Visti i diversi dossier ancora aperti, la decisione di Schneider-Ammann di lasciare alla fine di quest’anno ha sollevato diverse critiche. Critiche non sempre pertinenti, secondo il professore: «I dossier che riguardano ad esempio l’agricoltura o le relazioni con l’Unione europea sono aperti da anni e lo rimarranno ancora a lungo. Quindi non si può affermare che abbia dato le dimissioni in un momento sbagliato». Come sempre in questi casi, si apre subito il toto-consigliere federale. Le voci più insistenti ipotizzano una donna alla successione del ‘ministro’ dell’economia. «Questa pretesa si presenta ogni volta che un consigliere federale dà le dimissioni – sottolinea Lutz –. Ora la questione è quanta rilevanza politica avrà questa richiesta. Ad esempio dopo le dimissioni di Flavio Cotti, c’è sempre stata una discussione sulla rappresentanza ticinese in governo. Ora questa questione è risolta e probabilmente la discussione sarà incentrata sulle rivendicazioni della Svizzera orientale (che da tempo non ha più un consigliere federale) e su quelle delle donne». Se poi, come ci si aspetta, si dovesse dimettere anche Doris Leuthard, la questione femminile diventerà sicuramente centrale, visto che in Consiglio federale le donne sarebbero rappresentate unicamente da Simonetta Sammaruga. Non sono quindi solo le competenze di un candidato a essere decisive per l’elezione di un consigliere federale, ma contano anche altri fattori. «In passato si è spesso affermato che contano soprattutto l’esperienza in un esecutivo e una buona rete di relazioni a livello nazionale, soprattutto in Parlamento. Oggi direi che è quasi più importante il secondo punto. A ciò si aggiungono poi ragionamenti politici (un candidato può essere situato troppo a destra o a sinistra) e regionali. Sono quindi molti i fattori che entrano in gioco e sicuramente non sono solo le competenze personali a essere decisive.