Misure estreme per i sindacati
Stando al Ceo Vas Narasimhan, la multinazionale rimarrà fortemente ancorata alla Svizzera. Dopo l’attuazione della ristrutturazione e dello scorporo della divisione oftalmologica Alcon, in Svizzera sarà attivo circa il 10% degli effettivi totali. Attualmente lavorano per Novartis circa 125mila persone nel mondo. Unità importanti quali ricerca e sviluppo resteranno anche in futuro nella Confederazione. La riduzione degli effettivi punta a una maggior efficacia ed efficienza. Nella produzione l’impresa intende investire maggiormente in nuove piattaforme di produzione e allontanarsi dalle tecnologie di fabbricazione tradizionali. In questo contesto Novartis ha già annunciato adeguamenti in Giappone, Stati Uniti e altri Paesi. Le misure sono anche necessarie per ridurre sovracapacità, afferma il gruppo; alla fine del processo non esisteranno più 66 stabilimenti di produzione. Taluni processi saranno anche esternalizzati a ditte terze. La ristrutturazione ha a che fare con decisioni prese nel 2016. Allora Novartis aveva annunciato di voler risparmiare fino a un miliardo di franchi nella rete di produzione. Il trasferimento di compiti amministrativi è invece conseguenza di una decisione del 2014, quando il gruppo aveva creato l’entità Business Services. Per poter offrire servizi interni a bassi costi Novartis aveva allestito cinque centri globali a Dublino (Irlanda), Hyderabad (India), Kuala Lumpur (Malaysia), Città del Messico e Praga (Cechia). Intanto, l’annuncio di Novartis ha già suscitato la reazione dei sindacati Unia, Syna e dell’associazione Impiegati svizzeri. Anche i governi dei cantoni interessati deplorano la decisione. Considerando l’ulteriore crescita prevista per il settore, Impiegati svizzeri definisce la misura “inaccettabile”. Secondo l’organizzazione il gruppo arreca gravi danni all’economia elvetica e anche a sé stesso. Anche per Unia non c’è nessuna ragione economica che giustifichi questo “smantellamento senza precedenti”. Nella sua presa di posizione Syna definisce la ristrutturazione “una porcheria”, ma non chiede di rinunciarvi. ATS/RED