laRegione

Grosso buco nella rete sociale

Pregassona, segnalazio­ni inascoltat­e. Genitori indagati per violazione del dovere di assistenza

- di Alfonso Reggiani e Simonetta Caratti

Da oltre un paio di anni la Scuola di Lugano aveva allertato i servizi preposti

L’appartamen­to pieno di immondizia di via Industria ha messo in evidenza lacune nella presa a carico di persone decisament­e in difficoltà

Genitori sotto inchiesta penale con l’accusa di violazione del dovere di assistenza e di educazione e una serie di segnalazio­ni rimaste nel cassetto. Sono gli elementi nuovi scaturiti dalla situazione di degrado emersa lunedì nell’appartamen­to della palazzina in via Industria a Pregassona. Una situazione che ha destato sconcerto, preoccupaz­ione e una serie di interrogat­ivi destinati, per il momento, a restare aperti. Lo squallore in cui convivevan­o la famiglia di cinque persone e 18 cani avrebbe imposto un altro tipo di intervento. Dal canto suo, Lorenzo Quadri titolare del Dicastero formazione, sostegno e socialità della Città di Lugano, ha ribadito che i servizi sociali hanno più volte tentato di entrare nell’appartamen­to senza riuscirci (cfr, ‘laRegione’ di ieri). Ieri ai microfoni Rsi, Paolo Pezzoli, responsabi­le della Divisione socialità di Lugano, ha spiegato che i servizi cittadini non si occupavano più della famiglia dalla fine del 2015, mentre i figli sono collocati in tre istituti. Stando a nostre informazio­ni, i vertici degli Istituti scolastici di Lugano hanno “fatto i compiti” e provveduto a segnalare il degrado agli organi preposti da oltre due anni. Il caso venuto alla luce lunedì è una vicenda articolata e complessa che chiama in causa la carenza o l’assenza di una responsabi­lità ‘diffusa’, di società. Quella che, per intenderci, passa dal vicinato all’amministra­tore dello stabile fino agli istituti frequentat­i dai figli e tocca tutte le persone che conoscevan­o la famiglia. Il caso ha peraltro scoperchia­to un grosso buco nella rete sociale. Un buco determinat­o anche dal rifiuto da parte dei genitori di interagire con le persone addette ai servizi. Da noi contattati, i vertici del Dipartimen­to della sanità e della socialità, si sono trincerati dietro un no comment. Se c’è una presunzion­e o il sospetto di un reato, intervengo­no la polizia e il Ministero pubblico che, su segnalazio­ne di uno dei figli, come riferito dalla Rsi, ha infatti aperto un’indagine nei confronti di marito e moglie interrogat­i ieri dal pp Roberto Ruggeri. Nel caso non vi sia un reato penale, interviene o dovrebbe farlo l’autorità regionale di protezione (Arp) che dà mandato ai servizi attivi sul territorio chiamati ad andare sul posto e a verificare. Dovesse capitare, come successo, che l’assistente sociale non riesca a farsi aprire la porta e a interagire con la famiglia, dovrebbe tornare dall’Arp che, con i vari attori della rete sociale, valuta e riconsider­a il da farsi e decide l’eventuale provvedime­nto idoneo alla situazione (e può allertare le forze dell’ordine). Impossibil­e, ieri, parlare con l’Arp di Lugano che conosce il caso e, per legge, ha il compito di vigilare, proteggere

e mettere in atto le misure alla luce dei rapporti sistematic­i e delle valutazion­i fatte sulla situazione della famiglia che viveva in via Industria, dove sembrerebb­e che i figli non vivevano più da mesi. Una situazione inimmagina­bile ma nessuno ha provveduto a intervenir­e. Ieri sera, al ‘Quotidiano’ il padre ha dichiarato di aver volutament­e trascurato l’appartamen­to perché era arrabbiato con i curatori che si sono occupati della sua famiglia. Mentre ieri l’appartamen­to è stato sgomberato, Luca Campana presidente della commission­e di quartiere e Marco Imperadore che lo sostituirà a metà ottobre, dopo aver già segnalato alla Città oltre un anno fa il disagio, hanno intenzione di contattare l’amministra­zione dello stabile e tornare alla carica con l’autorità comunale. «Abbiamo a cuore anche l’incolumità dei residenti nel palazzo riempito di persone con problemi di vario genere. C’è un forte rischio di ghettizzaz­ione, non trovo sia giusto isolare in questa maniera gli abitanti delle palazzine di 15 piani».

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Immagini che parlano da sole
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