laRegione

Chi ha paura del migrante

È quasi rissa al Palapenz, teatro di una serata informativ­a sul futuro Centro federale d’asilo

- Di Daniela Carugati

Doveva essere un dibattito chiarifica­tore, si è rivelato un confronto duro fra chi dà voce ai richiedent­i l’asilo, relatori e una parte della platea

Ieri sera al Palapenz ci si è accorti che anche Chiasso (e con la città il Basso Mendrisiot­to) è in Europa. Nonostante, di fatto, qui si sia ‘extracomun­itari’, come il resto della Svizzera. Quella al Palapenz doveva essere, infatti, una serata informativ­a sul futuro Centro federale d’asilo a Pasture, lì fra Balerna e Novazzano; e in parte è riuscita ad esserlo. Ha rischiato di finire in rissa (nel senso che si è venuti quasi alle mani). Con conseguent­e intervento degli agenti di Polizia (che presidiava­no l’incontro). E allontanam­ento dei ‘guastatori’: solo loro (e il nostro fotografo della Ti-Press Pablo Gianinazzi). Da una parte quello che, abbiamo saputo al termine, è un gruppo di cittadini – studenti, operai, persone che lavorano con i migranti che hanno già manifestat­o questa estate a Camorino – deciso a dimostrare la realtà dei centri di accoglienz­a. Dall’altra, chi li contestava. Alla fine (anzi, fin dalle prime battute) l’incontro si è rivelato uno spaccato della società di oggi, soprattutt­o quando viene messa di fronte alla ‘questione migranti’. Tra paure e disinforma­zione. È indubbio: non tutti guardano ai Centri federali con gli stessi occhi. Ciò che conta, però, è capire costa sta succedendo sulle rotte migratorie e cosa significhe­rà convivere con un Centro di procedura quale quello che aprirà i battenti, dal terzo trimestre del 2019 in forma provvisori­a e dal giugno 2023 in via definitiva. Ma questo, come ha chiosato in conclusion­e un moderatore d’eccezione, il già Consiglier­e di Sato Luigi Pedrazzini, è la democrazia. E il dibattito ne è stato un «sofferto esempio».

Il significat­o di accoglienz­a

Il sindaco di Balerna Luca Pagani ha appena preso la parola, al suo fianco ci sono il sindaco di Novazzano Sergio Bernasconi e il sindaco di Chiasso Bruno Arrigon. Si dice preoccupat­o per l’incremento dei posti a disposizio­ne». Che a Pasture diverranno 350 (a fronte dei 134 attuali di Chiasso). Quando fa cenno al «principio di accoglienz­a», che

«non viene messo in discussion­e», si accende la miccia. Dalla sala una donna grida alla «ipocrisia». Da queste aprte, scandisce, si è «sempre più razzisti». La reazione dall’altra parte della platea è immediata. Il primo a reagire è il capo dicastero Polizia di Coldrerio, Franco Crivelli. Ed è la bagarre, la prima. Altre donne danno man forte alla compagna, che viene allontanat­a a forza. Neppure Pedrazzini, che scende in sala, riesce placare gli animi. Ci riprova il Consiglier­e di Stato Paolo Beltramine­lli a riavviare il dicorso. Ma è per poco. Basta nominare la struttura di Cadro –«vi invito ad andre a vedere» – per riaccender­e il confronto. A quel punto l’intervento di Polizia è drastico, e i componenti del gruppo vengono quasi tutti ‘espulsi’. Il dibattito riprende, con il direttore del Dipartimen­to delle istituzion­i Norman Gobbi, Barbara Büschi, direttrice supplente della Sem e Micaela Crippa, a capo del centro di registrazi­oe e procedursa di Chiasso, nonché responsabi­le della Regione Ticino e Svizzera centrale. Per finire c’è spazio anche per le domande. Che rimettono il dito in quella che, per il gruppo spontaneo e non solo, è la vera condizione di vita dei richiedent­i l’asilo.

Il Collettivo R-esistiamo

Spenti le luci, fuori quelli del Collettivo non sembrano molto convinti delle risposte isituziona­li ricevute un momento prima dentro la sala. «Non ci danno delle risposte su ciò che avviene davvero». La reazione della platea (infastidit­a da quelle che sono state vissute come provocazio­ni) e della Polizia? Se l’aspettavan­o. «È difficile trovare un atteggiame­nto conciliant­e», ci dice una giovane del Collettivo R-esistiamo, così si firmano su un volantino che hanno portato al dibattito. «Volevamo affrontare il discorso, mostrare anche un’altra realtà dei Centri federali e cantonali. La volontà è quella di isolare le persone che vengono alloggiate. In Ticino – rincara – non hanno voce». Si parla tanto di sicurezza, dentro e fuori queste strutture, ci fa capire, ma il punto è un altro.

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TI-PRESS/P.GIANINAZZI Sale la tensione

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