Nobel verde per la chimica
Gli strumenti per manipolare la natura in modo da ottenere biocarburanti, nuovi materiali e anticorpi ad alta precisione sono i protagonisti del Nobel per la Chimica 2018. Come è accaduto per il Nobel della fisica, anche in questo caso è stato premiato un campo di ricerca vicino ad applicazioni rivoluzionarie e anche questa volta il premio è andato a una donna, la quinta da quando il premio è stato istituito. È anche un Nobel alla chimica verde, quello assegnato oggi agli statunitensi Frances Arnold (alla quale spetta metà del premio) e George Smith e al britannico Sir Gregory Winter. Le tecniche nate dalle loro ricerche sono utilizzate in tutto il mondo. Arnold, 62 anni e un dottorato onorario al Politecnico di Zurigo, oggi insegna Ingegneria chimica, bioingegneria e biochimica nel California Institute of Technology (Caltech) e le ricerche che l’hanno portata al Nobel sono cominciate negli anni Settanta, quando studiava all’Università della California a Berkeley. Allora era impegnata nelle ricerche sulle tecnologie per l’energia solare e, lungo questa strada, decise di concentrare l’attenzione sugli enzimi, gli strumenti che l’evoluzione utilizza naturalmente per guidare e modificare la vita sulla Terra. Negli anni successivi le sue ricerche hanno dimostrato la possibilità di controllare e manipolare questi strumenti della natura. Grazie a quelle tecniche, oggi gli enzimi sono largamente utilizzati nella produzione di biocarburanti e farmaci, dagli anticorpi ad alcuni antitumorali. Smith, 71 anni, oggi è professore emerito dell’Università del Missouri e ha condotto parte delle sue ricerche anche nell’Università di Harvard e in quella di Cambridge. Studiando i batteriofagi, ossia i virus che infettano i batteri, è riuscito a trasformarli in fabbriche di proteine. La tecnica, chiamata ‘phage display’, ha permesso di ottenere un grande numero di proteine, come enzimi e anticorpi da utilizzare nelle biotecnologie, per ottenere farmaci, e nelle nanotecnologie, ad esempio per manipolare metalli e costruire minuscoli circuiti. Winter, che oggi ha 67 anni ed è professore emerito del Laboratorio di Biologia Molecolare del Medical Research Council (Mrc) a Cambridge, ha utilizzato la tecnica del ‘phage display’ per controllare l’evoluzione degli anticorpi, in modo da ritagliarli ‘su misura’ per svolgere determinate funzioni. Grazie a questa tecnica nel 2002 ha ottenuto il primo anticorpo, chiamato adalimumab, e approvato per la terapia dell’artrite reumatoide, la psoriasi e altre malattie infiammatorie. ANSA