Dante e le tappe del suo esilio
“Tu lascerai ogne cosa diletta/ più caramente; e questo è quello strale/ che l’arco de lo essilio pria saetta./ Tu proverai sì come sa di sale/ lo pane altrui, e come è duro calle/ lo scendere e ’l salir per l’altrui scale”, ammoniva Dante Cacciaguida nel XVII canto del Paradiso: una serie di terzine in cui il trisavolo del poeta dava profezia del suo esilio. La cronologia dell’esilio dantesco sembra però subire dei cambiamenti grazie a uno studio accademico che ha riaperto “il caso”. Lo studio propone una nuova datazione secondo cui il suo soggiorno veronese sia stato più lungo di quanto fosse ritenuto finora. La nuova datazione nasce dall’esame della lettera che, nell’agosto del 1312, Cangrande della Scala, signore di Verona, inviò all’imperatore Enrico VII e che, con altissima probabilità, potrebbe venire annoverata nel “corpus letterario” dantesco. L’ipotesi è stata avanzata da Paolo Pellegrini, docente di Filologia e linguistica italiane all’Università di Verona. Nell’epistola, Cangrande denunciava all’imperatore Enrico VII i gravi dissensi sorti all’interno dei sostenitori dell’Impero. Una missiva delicatissima, per la cui stesura Cangrande si sarebbe avvalso di Dante, suo amico e autore di un elogio nel succitato canto. Secondo Pellegrini “da un’attenta analisi del testo della lettera, dei suoi riferimenti e degli stilemi linguistici, appare evidente come la probabilità che l’abbia scritta Dante sia altissima”. Il recupero della lettera produce una serie di conseguenze rilevanti sul piano biografico, per cui Dante avrebbe soggiornato a Verona per un lungo periodo, dal 1312 al 1320. “Cadono le ipotesi che tra il 1312 e il 1316 volevano Dante a Pisa o in Lunigiana, o addirittura negli attendamenti imperiali”, spiega Pellegrini. Questo studio impone ora, come ha concluso il docente universitario, la riscrittura di un capitolo intero della biografia dantesca. ANSA/RED