‘Per la Borsa conta più la Brexit che l’Ue’
L’eventuale mancato riconoscimento dell’equivalenza borsistica da parte dell’Ue avrebbe un impatto tutto sommato limitato. A sostenerlo è la ‘Nzz am Sonntag’. “La Svizzera sopravviverebbe” affermava la testata nell’edizione di domenica scorsa. Attualmente Bruxelles blocca il riconoscimento, pur ammettendo che tecnicamente la questione è a posto, perché non vi sono progressi nelle trattative sull’accordo quadro tra la Confederazione e l’Ue. Senza il riconoscimento, a partire dall’anno prossimo gli investitori e i negoziatori di azioni non potranno più comprare titoli sulle piattaforme in Svizzera. Oltre la metà dei volumi di contrattazione dei titoli inseriti nell’Smi (l’indice principale, con 20 azioni, della Borsa elvetica) è dovuta a operatori con residenza nell’Ue. Di questi però la maggioranza è residente a Londra: dall’aprile 2019, per via della Brexit, potrebbero dunque tornare a vendere e comprare azioni. Nel 2017 la parte di contrattazioni di titoli Smi con ordinativi provenienti dall’Ue, senza contare il Regno Unito, ha costituto il 20%: una quota importante ma, stando alla ‘Nzz am Sonntag’, sicuramente non in grado di mettere in pericolo l’esistenza di Six (il gruppo che gestisce la Borsa elvetica). Six fa profitti anche in altri comparti, come quelli del traffico dei pagamenti o delle carte di debito. L’intera negoziazione borsistica rappresenta meno del 20% dei ricavi del gruppo. Il domenicale ha anche chiesto ad alcune grandi aziende quotate quanto il tema sia importante per loro. Le risposte hanno confermato che dal punta di vista di queste aziende, la questione dell’equivalenza borsistica non è fondamentale.