I sei requisiti per poter adottare il figlio del partner
Secondo la nuova legge una persona può adottare il figlio del partner se: 1. convivono o sono legati in un’unione domestica registrata da almeno 3 anni; 2. hanno provveduto alla cura e all’educazione del figlio da almeno 1 anno; 3.la differenza di età tra adottante e adottato non è inferiore a 16 anni o superiore a 45 anni; 4. vi è il consenso dell’altro partner; 5. vi è il consenso del bambino se ha 12 anni compiuti; 6. vi è il consenso dell’Autorità di Protezione. Qui si è arrivati attraverso un lungo cammino. In Svizzera la legge sull’unione domestica registrata, cui possono accedere le coppie gay, è stata approvata nel 2004. «Questa legge – ci spiega l’avvocato Maria De Pascale – ha regolamentato la relazione tra le persone dello stesso sesso che convivono stabilmente, regolamentando la vita comune, stabilendo i loro reciproci diritti e doveri, disciplinando gli aspetti patrimoniali e non patrimoniali della relazione, ma nulla ha previsto con riguardo ai figli». La legge, quindi, lasciava aperte diverse questioni, fra cui il fatto che il bambino che la coppia gay avesse avuto all’estero poteva essere iscritto all’Ufficio dello Stato civile in Svizzera esclusivamente come figlio naturale del solo genitore biologico. «Quindi, il bambino nato all’estero e figlio biologico di uno o una dei due partner poteva essere riconosciuto in Svizzera come figlio naturale del solo genitore biologico e così non si veniva a instaurare nessun legame giuridico con l’altro partner, che pure si occupava della sua crescita e della sua educazione». Una normativa – come evidenzia la giurista – «fonte di una grave ingiustizia sociale nei confronti delle persone omosessuali legate da una relazione stabile, che avessero desiderato dei figli e creava una diseguaglianza di trattamento tra i figli delle coppie eterosessuali e quelli delle coppie omosessuali, lasciando questi ultimi con minori tutele». Così, non essendo riconosciuto alcun legame di filiazione nei confronti del padre (o della madre) non biologico, quest’ultimo (o ultima) non aveva alcun diritto né dovere. «Era quindi necessario e urgente – chiosa l’avvocato Maria De Pascale – un intervento legislativo anche per ottemperare gli impegni assunti dalla Svizzera con la ratifica avvenuta nel 1997 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, che è volta a garantire e tutelare i diritti di tutti i bambini a prescindere da qualsiasi condizione del fanciullo o dei genitori».