C’è solo da recitare il mea culpa
Conz è deluso per il triste epilogo, che vede il Ginevra rimontare un doppio svantaggio in meno di 2’ tra il 56’ e il 57’
Ginevra – Fa quasi tenerezza il povero Conz a fine gara. La faccia del portiere, lasciato solo dai suoi compagni nel disastroso finale, è il dipinto della delusione. «Una sconfitta simile mi era già capitata quando difendevo la porta del Friborgo, proprio a Ginevra. Possiamo solo prendercela con noi stessi, avevamo giocato bene per 55’ – afferma il giurassiano –. Negli ultimi minuti non abbiamo fatto il nostro gioco e non siamo quindi riusciti a liberare la zona difensiva. Dobbiamo solo guardarci allo specchio e poi dimenticare in fretta l’accaduto». Eppure non c’erano le avvisaglie di un possibile recupero ginevrino. «Onestamente, è difficile da dire. Io, in qualità di estremo difensore, mi concentro solo a intercettare il disco e non penso ad altro durante il match. Forse, sul 4-2, ci credevamo al sicuro». Nella testa di Conz cosa è frullato in quei folli istanti? «Ero frustrato, ma ho cercato di restare calmo; la gara non era ancora terminata». Il numero 1 non vuole nemmeno sentire la scusa della stanchezza (alla vigilia, il Servette aveva in effetti riposato). «Durante tutta la contesa abbiamo dimostrato di essere superiori, propo-
nendo un ottimo forechecking». Ora arriva la pausa dedicata alla Nazionale. «Onestamente avrei subito voglia di rigiocare la partita col Ginevra, e stavolta vincerla, ma nelle ultime settimane abbiamo giocato e dato molto, perdendo spesso per poco. Quindi, mentalmente la pausa ci farà bene, e ci permetterà di lavorare duramente per migliorare», conclude il 27enne. Coach Cereda è impassibile e non lascia trasparire emozioni. «La
sconfitta è presto spiegata: loro hanno sfoderato il disperato attacco finale buttandosi in 5 in avanti, e noi abbiamo perso i duelli davanti alla nostra porta, il punto cruciale nell’hockey moderno. Sono deluso per i ragazzi: hanno lavorato duro. D’altro canto provo pure rabbia per l’epilogo». Cereda ha schierato in sostanza solo tre centri, anche perché Novotny era acciaccato. «Avevamo 5 coppie d’ali abbinate a 3 centri: quando allenavo i Rockets,
ogni tanto proponevo questa soluzione. Con l’Ambrì è stata una prima. Loro erano riposati, noi eravamo reduci da un match dispendioso e da una lunga trasferta, volevamo così tenere un ritmo alto. Lo scopo era di alzare il livello d’intensità durante la partita». Incoraggiante la prova di Lerg. «Era fermo da 2 mesi; solitamente per ritrovare la forma completa ce ne vogliono altrettanti. Ha giocato bene, siamo contenti; ha un’ottima attitudine, ma bisogna aver pazienza prima di vederlo al top». Dopo oltre un quarto di regular season è tempo per un primo breve bilancio: «Ci sono cose positive e altre assolutamente da migliorare. Prima su tutte la costanza. Ci sono ancora troppe differenze tra un tempo e l’altro. Complessivamente siamo dove pensavamo di essere. Sappiamo di avere dei punti forti e tanti deboli. Non ci sono magie, si deve e si può solo crescere con il lavoro quotidiano».