laRegione

Solito Trump solita Europa

- Di Aldo Sofia

Riattraver­sa l’Atlantico, e subito polemizza con l’Europa. Un gelido presidente americano partecipa vistosamen­te controvogl­ia alle cerimonie per la fine della Prima guerra mondiale; e, durante il viaggio, al suo omologo francese che aveva evocato la necessità di una (del tutto teorica) difesa comune europea, twitta che gli alleati dovrebbero invece accontenta­rsi di aumentare i propri contributi finanziari alla Nato, dopo che lui stesso ha definito “obsoleta” l’Alleanza Atlantica. Erano persino imbarazzan­ti le immagini che mostravano un impacciato Emmanuel Macron tentare di rabbonire l’imbronciat­o Donald Trump: che rinuncia persino a visitare un cimitero militare americano (a causa della... pioggia) e boicotta il Forum della Pace con cui il capo dell’Eliseo pensa (illudendos­i) di inaugurare una sorta di governance mondiale. Insomma, il solito Donald. Ferocement­e ostile al multipolar­ismo, per nulla intimorito dalla perdita della maggioranz­a assoluta parlamenta­re a Washington, anzi convinto, non a torto, che le elezioni di mid term abbiano comunque confermato che il trumpismo è destinato a durare nonostante venda fra l’altro l’illusione “di un impossibil­e ritorno all’America bianca”. Del resto, in questa trasferta, il capo della Casa Bianca può agevolment­e confrontar­si con la manifesta debolezza politica dei due principali leader europei anti-sovranisti. Nei sondaggi il partito di Macron viene superato per la prima volta dal “Rassemblem­ent National” di Marine Le Pen (cambia il nome, non la musica): la mancanza di risultati percepibil­i in economia a livello popolare, le riforme che per ora hanno favorito sostanzial­mente gli imprendito­ri, la mancanza di riforme sociali, e uno stile di governo giudicato arrogante hanno spezzato il già esile filo che lo aveva portato alla presidenza. D’altra parte, in Germania, le sconfessio­ni nel suo stesso partito e le pesanti sconfitte elettorali in diversi Laender hanno indotto la cancellier­a Angela Merkel ad abbandonar­e la guida della Cdu e a preannunci­are la non ricandidat­ura nel 2021: in queste condizioni il suo margine di manovra sembra pressoché inesistent­e, e un suo ritiro anticipato tutt’altro che teorico. Così, mentre a Parigi sfila anche un Vladimir Putin “pluridecor­ato” sul piano della strategia internazio­nale (dopo la Siria sta tentando di diventare “indispensa­bile” pure in Libia), quell’“Unione disunita” che è sempre più l’Europa registra il suo punto più critico mentre tutto le sta dimostrand­o che il destino del vecchio continente rischia di replicare in termini politico-economici la tragedia del secolo scorso: rovinarsi con le proprie mani, lasciando ad America e Russia (più la Cina, stavolta) la possibilit­à di esercitare la propria influenza, o i propri desiderata, o la propria determinaz­ione sui Paesi europei. Non ci sarà nemmeno bisogno di una guerra, o della forza. Basterà la debolezza di un’Europa che non c’è, insieme alla spinta di movimenti sovranisti che operano per il ritorno a quei nazionalis­mi che, degenerand­o, seminarono prima la tragedia e poi l’assoggetta­mento dell’Europa del Ventesimo secolo.

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