L’Europa teme i nazionalismi
Macron e Merkel si sono schierati contro il populismo che minaccia il ‘progetto europeo di pace’ Donald Trump ha snobbato il primo Forum della Pace, organizzato cento anni dopo la firma dell’armistizio che pose fine alla Grande Guerra
Parigi – È un no ai nazionalismi e al populismo ad alzarsi forte da Parigi l’11 novembre, esattamente 100 anni dopo la firma di un armistizio che pose fine alla Grande Guerra con i suoi 18 milioni di morti. Lo hanno scandito alto e forte Emmanuel Macron e Angela Merkel, mentre Donald Trump ha continuato ad esibire una diversa lunghezza d’onda. Con Putin – che apprezza la battaglia di Macron per un esercito europeo – c’è stato un contatto che il capo del Cremlino ha definito «buono», in attesa di un faccia a faccia più strutturato al G20 di fine mese a Buenos Aires. La due giorni alla quale Macron e Parigi si preparavano da mesi si è conclusa ieri con una evidente preoccupazione dei principali leader per la situazione politica internazionale. Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu intervenuto all’apertura del primo Forum della Pace, ha parlato di un «ingranaggio» in cui «molti elementi sembrano riportare all’inizio del XX secolo e agli anni Trenta». Ieri alle 11, come l’11 novembre di 100 anni fa, hanno suonato le campane di tutti i luoghi simbolo della guerra in Francia. Poi Macron ha preso la parola per un discorso breve e dai toni gravi: «Il patriottismo è l’esatto contrario del nazionalismo e dell’egoismo», ha affondato il capo dell’Eliseo. «La lezione della Grande Guerra non può essere quella del rancore di un popolo contro gli altri», ha poi aggiunto. Dal canto suo Trump non ha abbandonato il suo atteggiamento poco coinvolto nelle celebrazioni: è arrivato da solo, in ritardo, sulla tribuna autorità davanti all’Arco di Trionfo, in auto senza passare dall'Eliseo e soprattutto senza sfilare sotto la pioggia, a piedi, con tutti gli altri leader, sugli Champs-Élysées, forse l’immagine più simbolica della giornata di ieri. Dopo di lui soltanto Putin, che gli ha stretto la mano facendogli il segno di ok con il pollice alzato. In più, tre delle ormai immancabili Femen – a seno nudo con le scritte contro i “falsi pacificatori” – gli sono spuntate davanti, beffando le misure di sicurezza. La giornata di Trump è proseguita con il pranzo all’Eliseo – e un breve colloquio «positivo» con Putin riferito come tale dal russo – prima dell’ultimo ‘sgarbo’: snobbata l’apertura del primo Forum della Pace – appuntamento al quale teneva molto Macron – se n’è andato al cimitero americano di Suresnes, fuori Parigi, parlando alle telecamere proprio mentre prendevano la parola al Forum Macron e Merkel. Tutt’altro clima al Forum, al quale quasi tutti i leader erano presenti, insieme con le altre autorità invitate. Per la Svizzera c'era il presidente della Confederazione Alain Berset. Macron ha annunciato che si tratta di un evento destinato a ripetersi anno dopo anno, Angela Merkel ha detto che il «progetto europeo di pace» nato dopo il 1945 è minacciato dall’ascesa del nazionalismo e del populismo: «Vediamo chiaramente che la cooperazione internazionale, un equilibrio pacifico fra gli interessi degli uni e degli altri e anche il progetto europeo di pace sono nuovamente in discussione». Dal canto suo Berset si è dichiarato meno allarmista: la situazione attuale non è così drammatica come negli anni Trenta, dopo la crisi del 1929. «Non c’è una grave crisi economica»; «il tasso di disoccupazione è molto basso»; e poi, «c’è una consapevolezza che dovrebbe permetterci di vedere che abbiamo una responsabilità comune», ha dichiarato ieri il consigliere federale alla radio-tv romanda Rts. Berset ha poi auspicato una lotta comune per far fronte alle sfide globali del ventunesimo secolo, come la lotta contro il cambiamento climatico, le disuguaglianze e la crisi migratoria. Senza danni particolari e con poco più di un migliaio di partecipanti fra i quali qualche decina di black bloc si è conclusa in serata la temuta manifestazione anti-Trump, che inalberava un pallone con il presidente americano rappresentato come un neonato imbronciato e con il pannolino. Nel frattempo anche in Ticino è stata ricordata la fine della Grande Guerra: una commemorazione si è svolta ieri a Bellinzona (cfr. pagina 9).
Anche il Ticino, a 100 anni dall’armistizio, ha commemorato ieri a Bellinzona la fine della ‘Grande guerra’. Autorità politiche e militari si sono date appuntamento davanti al monumento dedicato ai caduti in via Dogana. Monumento sul quale sono riportati i nomi dei soldati ticinesi periti durante il conflitto che vide la Svizzera impegnata a difendere il proprio territorio dalle temute incursioni. «Rendiamo oggi onore ai cittadini-soldato che perirono durante il servizio attivo, nonché agli uomini e alle donne che si impegnarono per tenere forte e unita la nostra comunità», ha sottolineato il consigliere di Stato Norman Gobbi onorando la memoria in particolare delle donne e delle famiglie che a casa subirono l’assenza per quasi un anno e mezzo dei loro mariti e padri, senza che fosse prevista un’indennità di perdita di guadagno. La prima guerra mondiale infatti «dimostrò il ruolo centrale della donna nella comunità; l’emancipazione completa era però ancora lontana». La fine del conflitto – ha dal canto suo evidenziato il municipale Simone Gianini invitando a tenere vivo il monito della storia – ha «ulteriormente e impietosamente messo la popolazione di fronte agli stenti e alle tensioni sociali, sfociate nella tumultuosa proclamazione dello sciopero generale del 12 novembre 1918. Fu lì che iniziarono a porsi le basi del nostro Stato sociale e democratico». Tuttavia «non bisogna abbassare la guardia, perché nulla è scontato e nulla è immutabile, come hanno dimostrato la seconda guerra mondiale e i conflitti che ancora oggi, in anni di sempre maggiore tensione fra Stati e popoli, altri conflitti ancora accadono e ancora potrebbero accadere».