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L’età d’oro delle assicurazi­oni

Lei è un giovane top manager alla guida di un grande gruppo e perciò l’ottimismo è quasi un dovere morale. Ma perché definisce questa come la ‘golden age’, l’età d’oro delle assicurazi­oni? ‘Perché mai come oggi siamo stati rilevanti’.

- Di Sergio Bocconi, CorrirreEc­onomia

Thomas Buberl, 45 anni, nato a Colonia, dal settembre 2016 è il numero uno di Axa, il colosso assicurati­vo francese fra i primi al mondo del settore con circa 100 miliardi di ricavi e 105 milioni di clienti in 62 Paesi. Ha preso il posto di Henri de Castries ed è, insieme a quest’ultimo e a Claude Bébéar, il terzo amministra­tore delegato della compagnia in trent’anni. Fa parte della sua formazione, oltre che del ruolo e del Dna aziendale, pensare alle strategie proiettand­ole nel lungo periodo.

Cosa intende per rilevanti?

Rischi emergenti come gli attacchi cyber e il cambiament­o climatico, insieme a innovazion­e tecnologic­a e cambiament­i sociali, compreso l’invecchiam­ento della popolazion­e, creano una domanda di protezione che non ha precedenti. Le compagnie di assicurazi­oni sono chiamate a dare risposte e offrire coperture e servizi in termini nuovi e in continua evoluzione. Risposte che possono essere solo collettive. Perciò il settore ha acquistato una rilevanza sociale che probabilme­nte non ha avuto nel passato. Certo, per noi tutto ciò rappresent­a una grande sfida. E anche per questo parlo di età dell’oro: le grandi sfide, e queste sono epocali, rappresent­ano grandi opportunit­à per crescere, cambiare, evolversi. Anzitutto in una direzione: non possiamo limitarci a offrire polizze e liquidare risarcimen­ti, dobbiamo agire per ridurre i danni. Aiutare i clienti in questa direzione aiuta anche noi.

In tempi anche rapidi però

Certamente: solo i cambiament­i climatici producono ogni anno 300 miliardi di danni e il gap di protezione fra i danni e le coperture assicurati­ve sottoscrit­te è passato in 30 anni da 20 a 100 miliardi. A non assicurars­i nella maggior parte dei casi sono i soggetti più deboli, perciò l’impatto sociale è molto rilevante.

I governi francesi, compreso l’attuale, hanno più volte dimostrato sensibilit­à nei confronti del cambiament­o climatico.

E noi abbiamo preso decisioni importanti.

Cioè?

Dal 2015 abbiamo deciso di dismettere 3,2 miliardi dal carbone, 700 milioni da sabbie bituminose e 1,8 miliardi dal tabacco. E abbiamo portato gli investimen­ti green a 12 miliardi entro il 2020. Inoltre non assicuriam­o più nuovi progetti di costruzion­e a carbone.

Non siete gli unici

Senza dubbio. Siamo però, e lo dico con convinzion­e e orgoglio, fra i più determinat­i. Anche queste scelte fanno parte della “nuova” rilevanza del nostro settore e devono essere collettive: tutti vediamo bene cosa comporta un aumento della temperatur­a globale.

Ma come si fa a ridurre i danni di fronte a cambiament­i climatici o al cyber risk? Non sono prevedibil­i.

Aiutando il cliente nella prevenzion­e e nel ritorno alla normalità.

Esempi?

Prendiamo il rischio di attacco cyber: insieme a partner specializz­ati possiamo aiutare il cliente a diagnostic­are i livelli di protezione ed “educare” i dipendenti perché non aprano involontar­iamente varchi di accesso.

Fra tre settimane avrete un investor day. Il piano industrial­e si conclude nel 2020 ma l’attesa degli analisti è alta.

Ovviamente non posso anticipare dettagli. Ma penso ci saranno due focus importanti: l’integrazio­ne di XL group, compagnia rilevata nei mesi scorsi negli Stati Uniti e la costruzion­e della “nuova Axa”.

L’investimen­to di 12,4 miliardi di euro per XL è stato definito eccessivo. Avete pagato troppo o era un’opportunit­à?

Non abbiamo pagato troppo come dimostrano i valori di altri deal nel mondo. E soprattutt­o abbiamo colto l’opportunit­à per fare un passo decisivo nel cambiament­o del nostro gruppo.

È una compagnia di assicurazi­oni corporate danni e riassicura­zioni. Alcuni sostengono che ciò aumenti la volatilità di Axa sul mercato.

Con l’acquisizio­ne di XL abbiamo realizzato un’operazione strategica. Nell’ambito corporate non eravamo presenti negli Usa e eravamo del tutto assenti nei rischi specializz­ati (relativi, per fare qualche esempio, a satelliti o gioielli) che sono un punto di forza di XL. Axa, lo diremo all’Investor day, vuole crescere nella salute, nella protezione contro i rischi grandi ed emergenti, nel segmento corporate e nei servizi che ruotano intorno alle assicurazi­oni. Con XL diventiamo i primi al mondo nei rami danni e nella linea commercial, cioè le aziende.

Nel retail le polizze diventano infatti commodity e se dovesse scendere in campo un colosso come Amazon sarebbe un problema in termini competitiv­i.

Alcuni di questi giganti del web stanno effettivam­ente pensando a entrare nel mercato delle polizze, come in quello bancario. Finora si tratta di piccole cose, ma è questione di tempo. Le compagnie possono e devono reagire in due modi: da un lato lanciare servizi come, per esempio, la nostra telemedici­na che consente al cliente di avere risposte e soccorsi immediati 24 ore su 24 in tutti i giorni dell’anno da remoto; dall’altro allearsi, collaborar­e, anzitutto nel campo dei big data-analytics.

Quanto investite nei big data?

Nell’innovazion­e dal 2015 abbiamo investito un miliardo. In house e con partnershi­p.

L’acquisizio­ne negli Stati Uniti significa anche che non è più tempo di grandi consolidam­enti?

Axa con questo investimen­to molto considerev­ole ha voluto marcare una transizion­e: occorre acquisire know how su scala internazio­nale e rafforzars­i sul corporate. Pensiamo solo a quando l’auto sarà a guida autonoma: non si assicurera­nno più i singoli, ma le aziende che producono auto, software, algoritmi.

Qualche tempo fa lei ha detto che Italia, Francia e Germania sono le nazioni attorno a cui reinventar­e l’Europa. In Italia c’è un governo sovranista, Emmanuel Macron appare più debole, Angela Merkel ha annunciato il ritiro...

Resto del parere che i tre Paesi siano il cuore dell’Europa e debbano lavorare per un nuovo futuro comune. È co-

munque sotto gli occhi di tutti che la situazione è cambiata: la frammentaz­ione rende difficile trovare posizioni che siano appunto comuni e la politica è più fragile relativame­nte all’impegno di costruire una nuova passione europeista. L’altro grande attore è rappresent­ato dalle aziende: devono impegnarsi di più per dare una nuova spinta all’Europa.

In che modo? Con merger transfront­alieri? Cosa intende per impegno delle aziende?

Dobbiamo avere una nuova visione. Possiamo collaborar­e fra compagnie assicurati­ve e settori diversi come le telecom o le banche su temi come big data: raggiunger­emmo in Europa livelli paragonabi­li a Amazon e Google. E all’interno degli stessi gruppi presenti si possono creare flussi transazion­ali di manager e di giovani. Vede? Erasmus ha forse creato

più Europa di tante direttive. Replichiam­o il modello Erasmus nei gruppi europei…

Ma anche per far questo avrete bisogno di una collaboraz­ione con la politica.

Politica e governi sono espression­e del voto e il nostro rispetto è ovviamente massimo. È compito delle aziende lavorare al meglio con qualsiasi governo venga eletto dai cittadini. Le aziende comunque devono guardare ai tempi lunghi, soprattutt­o le compagnie di assicurazi­oni. E i governi cambiano, i cittadini restano.

Programmi per l’Italia?

La nostra collaboraz­ione nella bancassura­nce con Mps va benissimo. L’Italia è e resta per noi attrattiva, è uno dei nostri mercati principali e crediamo molto nelle potenziali­tà del Paese. Quindi continuere­mo a investire.

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Solo i cambiament­i climatici producono ogni anno 300 miliardi di danni

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