Renato ‘The Wall’
Da giovanissimo cercava di imitare Alfio Molina (‘era lui il mio modello’). Oggi, invece, quel Tosio che è stato uno dei portieri più celebri del nostro campionato riconosce un po’ del suo stile in un altro bianconero, Elvis Merzlikins. E nonostante si sia ritirato dalle competizioni nel 2001, l’ex portiere del Berna venne rievocato da Patrick Fischer alla vigilia dell’esordio della Nazionale ai Mondiali in Danimarca.
Nomi che vanno, nomi che vengono. Ma ci sono anche nomi che restano. Nomi che scrivono parte della storia dell’hockey, che anche ad anni di distanza vengono ricordati e celebrati. Gente che, al termine della loro lunga carriera sulle piste della Svizzera, viene promossa a una sorta di pietra miliare di questo o quel club, e il cui numero, proprio per rendere eterne le loro gesta, viene ritirato. Mai nessun altro giocatore, nella storia di quella società, potrà vestire il loro numero. Quasi a voler dire che mai nessuno potrà emularle o affievolirne il ricordo. Uno di questi è senza dubbio Renato Tosio, indimenticato e indimenticabile portiere del Berna tra il 1987 e il 2001. Ancora oggi, a 54 anni e a 17 dal suo pensionamento da giocatore, il portiere di origine sangallese (nato a Wil) viene sovente citato tra i portieri che hanno fatto la storia dell’- hockey svizzero. Non deve allora sorprendere più di tanto se a difesa della porta delle Swiss Legends in occasione della recente sfida con il Dream Team Ticino andata in scena alla BiascArena ci fosse proprio lui. Che, nonostante gli ormai 54 anni (compiuti venerdì), quella porta la presidia come ai vecchi tempi, muovendosi con agilità e con quello stile che già fu suo ai tempi d’oro. Spettacolare, pittoresco ma anche efficace. La capatina in Ticino gli riporta alla mente quelle epiche partite con la maglia degli Orsi a sud del San Gottardo. «Già... le trasferte in Ticino erano sempre ostiche. Vincere alla Valascia o alla Resega non era mai facile – ricorda Renato Tosio –. Anzi, il più delle volte tornavi a casa con le pive nel sacco». Ma non andò così nella stagione 1988/89, quando Tosio e il suo Berna festeggiarono il titolo proprio sulla pista del Lugano: «È vero anche questo. Quello è probabilmente il ricordo più bello che ho delle partite giocate in Ticino. Quel titolo è stato qualcosa di straordinario. Ce l’ho ancora ben presente nella mia testa, e non penso che lo scorderò mai». Il primo di quattro titoli vinti da Tosio (che poi si ripeté 1990, 1991 e 1997). «Quasi per tutti, il primo titolo è quello più emozionante. E così è anche per me». Ma di ricordi, il grigionese ne ha anche parecchi legati alle partite alla Valascia: «Moltissimi. Ma ricordo soprattutto che in casa dell’Ambrì Piotta era difficile andare a punti. Le partite erano sempre intense, con una cornice di pubblico spettacolare». Il nome di Tosio era rispuntato... la scorsa primavera ai Mondiali in Danimarca, quando alla vigilia della sfida inaugurale della Svizzera contro l’Austria, in sede di presentazione della partita, il tecnico della Nazionale Patrick Fischer, per non scoprire le sue carte, con un mezzo sorriso aveva chiuso la conferenza stampa annunciando che in porta avrebbe giocato... Tosio. «Non mi stupisce che Patrick abbia detto così – si schernisce Renato Tosio –. Personalmente non lo avevo sentito, ma tra me e Patrick c’è sempre stato un ottimo rapporto. Sulle piste svizzere le nostre strade si sono incrociate più volte, ma unicamente da avversari. Ci siamo però ritrovati diverse volte in Nazionale e c’è sempre stato un buon feeling fra noi. Se gli sono tornato in mente in Danimarca, agli scorsi Mondiali, non può che farmi piacere».
‘Il mio rimpianto? La Nhl’
La Svizzera è sempre stata un’isola felice in fatto di portieri. Parecchi quelli di caratura internazionale che sono cresciuti sulle nostre piste. Alcuni dei quali hanno poi fatto il grande salto varcando l’Atlantico e facendo pure fortuna in Nhl. «Ai miei tempi il campionato nordamericano non era così accessibile per un giocatore svizzero». In chi si riconosce Renato Tosio nei portieri che attualmente calcano la ribalta del campionato svizzero? «Merzlikins. Ma pure altri, come Genoni, Hiller e Berra». E quali erano i suoi idoli? «Uno dei miei primi idoli è stato Molina. Io ero ancora giovanissimo, e giocavo nel Coira. Ricordo Alfio, con la sua caratteristica maschera e il suo stile. È stato un grande portiere. Poi ce ne sono stati altri, come Olivier Anken o Richard Bucher». Detto dei colleghi, intesi come portieri, parliamo allora dei giocatori. Chi era quello che Tosio temeva maggiormente? «Ce ne sono stati parecchi durante la mia carriera. Se ripenso ai miei tempi migliori, quelli che più temevo quando si presentavano di fronte a me con il disco incollato al bastone erano i vari Johansson o Waltin, due grandi giocatori. Ancora prima, alle mie primissime esperienze da professionista, quello che temevo forse di più era Eberle. Nel finale di carriera ho poi avuto il mio bel da fare con Streit, che però, per mia fortuna, è ancora diventato più forte quando avevo già chiuso la carriera. Pensando agli attuali giocatori svizzeri, uno che mi avrebbe dato assai filo da torcere è senza dubbio Roman Josi. Così come Niederreiter, pure lui un cliente pericoloso per qualsiasi portiere». Riuscirebbe Renato Tosio a immaginarsi in un campionato come quello attuale, cioè col tipo di hockey che viene proposto oggi sulle piste di National League? «Se dovessi giocare oggi, ma con la medesima forma dei tempi migliori, forse non sarei al top, ma avrei comunque le carte in regola per provare l’avventura in Nhl. In una carriera in cui ho vinto e fatto quasi tutto, c’è pure posto per qualche rimpianto. E il più grosso è sicuramente quello di non aver mai avuto l’opportunità di giocare in Nhl». Parlando ancora di dispiaceri: qual è la rete incassata che ricordi con più amarezza? «Capitò a Zugo, nel prolungamento di una partita di playoff. Quando venni trafitto nell’ultimo minuto dell’overtime».