They are the Champions
Sono gli altri, i campioni. E per altri s’intende una qualsiasi squadra delle otto rimaste in lizza in un torneo da cui anche quest’anno la Svizzera esce di scena proprio sul più bello. E non è certo una sorpresa, se si guarda ai risultati delle prime cinque edizioni di una rinata Champions che raggruppa il meglio del panorama continentale con la sola eccezione della Khl, in cui le semifinali raggiunte dal Friborgo nel 2017 e dal Davos l’anno prima sembrano quasi un’anomalia. Un po’ poco per un campionato come il nostro, dipinto fino a soltanto una quindicina di anni fa come la risposta europea alla comunque sempre inarrivabile Nhl. Cosa che poteva anche esser vera se si prendevano in considerazione unicamente i soldi, mentre oggi non è più così. Una dimostrazione pratica la dà il mercato: prima Stalberg (Zugo), poi Prince (Davos) e Birner (Friborgo) stracciano i rispettivi contratti e volano via. E se i primi due scelgono la Khl è segno che lì non si sta poi tanto male. Anche perché in Russia gli hockeisti hanno il bastone in una mano e la valigia nell’altra, e non hanno poi tutto quel tempo da dedicare agli svaghi. Stipendi a parte, nel confronto con il resto d’Europa la Svizzera non è vincente. Se da noi il livello sale (lo dimostra il numero di rossocrociati che si è ritagliato uno spazio in Nhl in questi ultimi anni), in Svezia e Finlandia i picchi di eccellenza sono anche maggiori. Nonostante la Svezia con i suoi 10 milioni di abitanti non sia un Paese molto più grande del nostro, mentre la Finlandia (5,5 milioni) è addirittura più piccola. Ciò che conta davvero, però, è il numero dei tesserati: in Svezia sono 63mila (di cui ben 43’318 nei settori giovanili), in Finlandia addirittura 73mila, e in Svizzera appena 28mila (di cui 14’519 giovani). Ed è vero che prima di guardare alla Nhl i migliori talenti svizzeri potrebbero sondare un mercato nordeuropeo che costituisce senz’altro un’opportunità, ma la teoria fa a pugni con la pratica, siccome da noi gli stipendi sono talmente elevati che nessuno sarebbe tanto pazzo da mettersi in discussione per un terzo di ciò che guadagna ora. Soldi che, almeno per ora, costituiscono un freno al decollo della stessa Champions. Tanto che, a meno di riuscire a vincerla, per i club è essenzialmente un costo. Senza contare, poi, il relativo entusiasmo che suscita. Basti pensare al pubblico che l’ha seguita in Ticino, visto che le quattro sfide a Lugano sono state frequentate da 3’756 spettatori in media, oppure al seguito che ha avuto a Berna o Zugo, dove i tifosi sono stati sì mediamente 9’780 e 4’140 a serata, in due stadi che – però – in campionato hanno un tasso di occupazione superiore al 95%.